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Anno edizione: 2010
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Byatt è tra le scrittrici da me preferite. Questo libro corposo, nonostante la ricchezza di particolari e il folto intreccio umano, si lascia leggere con sufficiente scorrevolezza. Terminato, lascia la sensazione di aver ricevuto in dono storie vere.
Romanzo storico altalenante, tanto intenso e ricco di contenuti, quanto frammentario nello stile: frasi spezzate, poco scorrevoli e capitoli che non fluiscono l'uno nell'altro. Nella parte conclusiva questa discontinuità si accentua, l'intermittenza si trasforma in bollettino di guerra, in una foresta di nomi. Forse manca un'intelaiatura coerente, capace di concatenare una serie di eventi in un racconto compiuto. Nonostante ciò, l'opera presenta vari pregi. L'autrice ricostruisce le sfaccettature di un'emblematica fetta della società di fine ottocento, mostrata in tutte le sue varietà precariamente utopistiche, antitetiche al perbenismo vittoriano. Interessante constatare come alcuni ideali libertari dell'epoca furono adottati e superati, per poi tornare di nuovo in auge. Uno dei tanti argomenti che A. Byatt richiama alla memoria, è la lotta per estendere il diritto di voto alle donne, per cui molti andarono incontro a morte o detenzione. Alcune conquiste oggi sembrano scontate, ma vanno ancora difese. Proprio in questi giorni, cento anni dopo, si discute addirittura sul sistema elettorale e la parità fra i generi nelle candidature. La trama mette in risalto un altro grande tema, la sensibilità artistica, il potere dell'immaginazione, l'attenzione per i particolari, l'estasi del processo creativo; in un luogo e in un'epoca, in cui era viva la tendenza a valorizzare questi aspetti, con il conseguente fiorire delle arti ornamentali, tese a produrre oggetti utili oltre che belli. La passione smisurata per la creazione, fa sì che l'artista si concentri eccessivamente su se stesso, relegando ciò che ha intorno a mera funzione strumentale. L'affermazione di uno dei personaggi, a proposito del romanzo "Peter Pan", costituisce un commento adatto anche a "Il libro dei bambini": "Non che non ti si infili sotto la pelle e non ti invada la mente, ci riesce senz'altro. È un'opera di genio, ma il genio è contorto come un cavatappi."
Il racconto e' un bellissimo affresco dell'Inghilterra tra il 1895 (gli ultimi anni del regno della regina Vittoria) e il 1919, attraverso l'intreccio delle storie di quattro famiglie inglesi: quella di Humphry Wellwood e di sua moglie Olive (autrice di magnifici libri per bambini di straordinario successo), quella di suo fratello Basil (banchiere a Londra), quella di Benedict Fludd (tormentato e geniale creatore di magnifici vasi di argilla smaltati), quella di Prosper Cain (curatore della sezione metalli preziosi del Museo di South Kensington, il futuro glorioso Victoria & Albert Museum), e quella ebreo-tedesca del marionettista di Monaco Anselm Stern. Storie che si intrecciano a cavallo di due generazioni, quella dei genitori e quella dei figli (bambini all'inizio del romanzo, adulti alla fine). I personaggi sono descritti in maniera impeccabile con i loro pregi e le loro debolezze, ci si affeziona alle loro storie. Anche questo libro come Possessione mi ha incantato.
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