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Cinque racconti scritti benissimo in cui si rievocano gli anni soprattutto dell'adolescenza e della giovinezza dell'autore,tra Bucovina,Austria e a Roma,quando ormai alle soglie della senescenza esplicita nell'ultimo capitolo in un certo modo la funzione del (re)inventare il suo passato. Ne esce un personaggio non banale,timido ma altezzoso, bon vivant e idealista con punte di esecrabile cinismo (mi ha particolarmente indignato la scena in cui deridono gli ebrei altolocati che frequentano un corso da maggiordomi come espediente per avere il visto che gli consentirà di espatriare poco dopo l'anschluss) ma il cui antisemitismo io credo di interpretare come paura della perdita della plurisecolare condizione privilegiata in cui è nato piuttosto che in senso biecamente razziale. O almeno,l'intelligenza che dimostra l'autore mi spinge a trovargli questa attenuante.