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Dei tre romanzi scritti da Simenon che ruotano attorno ad una donna che avvelena con l'arsenico l'uomo che ama questo è,a mio parere,quello riuscito meno.Parte in maniera molto frizzante e coinvolgente descrivendo la vita dei coniugi Donge,Francois chimico e imprenditore più che benestante ed Eugenie detta Bebè, la sua eterea consorte che al termine di un pranzo di famiglia in campagna gli versa del veleno nel caffè.Francois sopravvive ma si ossessiona cercando di capire perchè e come sua moglie sia arrivata al punto di volerlo uccidere.Qui inizia la parte del libro che mi lascia molto perplessa ,perchè mentre ne La camera azzurra e ne La scala di ferro ( che considero due capolavori) la motivazione che spinge la protagonista a trasformarsi in assassina è chiara,in questo caso le riflessioni di Francois su sua moglie che invidierebbe la sua vitalità e la sua vita piena di avventure extra coniugali mentre lei è costretta a passare le sue giornate nella loro villa di campagna per badare al loro bambino in solitudine, priva di qualsiasi slancio d'affetto o anche solo di interesse da parte del marito mi pare incongrua così come la sua arrendevolezza nel confessare il suo crimine e scontare la pena con un marito ormai svuotato di ogni energia e pieno di sensi di colpa. Non lo metterei nella lista dei migliori Simenon sia per capacità introspettiva che per stile,molto banale e stagnante in sotto entrambi gli aspetti.
E’ una domenica d’estate, si pranza e i commensali sono i due fratelli Donge con le rispettive famiglie. La moglie di Francois Donge, Bébé versa i caffè per tutti, compreso quello per il marito che, appena l’ha bevuto, si precipita fra le mura domestiche in preda a violenti dolori. Si tratta di avvelenamento, con l’arsenico, e la vittima la scampa per miracolo; fin da subito è evidente che l’avvelenatrice è la moglie che, tradotta in carcere, rende ampia confessione, senza tuttavia spiegare i motivi del suo gesto. Del resto, anche Francois, mentre è ricoverato in ospedale, si arrovella per comprendere cosa possa aver scatenato la furia omicida della moglie e anticipo che troverà la risposta alle sue domande, al punto da perdonare la consorte, condannata a cinque anni di lavoro forzati, di cui lui attenderà con ansia la fine, sempre più convinto che l’insano gesto sia da attribuire al suo comportamento, in un matrimonio da subito fatto di abitudini, di gesti ripetuti con una passione solo iniziale. Con queste premesse definire un giallo La verità su Bébé Donge mi appare inappropriato, perché in effetti ciò che interessa all’autore è di far capire al lettore il perché del tentato omicidio e così pagina dopo pagina, con ricorrenti flashback sul passato della coppia, emerge una storia di profonda solitudine, quella di una donna ridottasi ormai a essere un soprammobile e di un marito che non è mai riuscito a comprendere la sua ritrosia. Solo dopo il tentato omicidio, casualmente, appurerà dalla sorella di lei di un fatto traumatizzante per Bébé quando era ancora bambina che da solo può spiegare tante cose e in primis la sua frigidità. La capacità di Simenon di sondare l’animo femminile trova anche in questo romanzo conferma, mentre la figura del protagonista, che disperatamente cerca di rimediare agli errori passati, può sembrare per certi versi una sorta di pubblica confessione. Da leggere.
Amo Simenon, ma mi devo ricredere. Non è un grande scrittore, a mio modesto avviso, s'intende, è ovvio. Simenon è un grande ripetitore, si muove su scene e dinamiche psicologiche sempre ben rodate e collaudate, con meccanismi di pura e semplice ovvietà che la sua assoluta ( chapeau bas!) capacità di solerte indagatore dell'ovvio borghese, trasforma in meccanismi, sempre identici a sé stessi, perfettamente oliati e funzionali. Quando si scopre ciò che lega e tiene il tutto, questo tutto si fa ripetitivo e perfettamente ovvio, quindi banale. Un grande mestiere, una rara capacità di produrre testi, ma, in definitiva, lo scenario è sempre lo stesso. Emoziona, all'inizio, poi delude. Forse piace perché è così simile alla vita! Ed ora mi accorgo che ne ho fatto un elogio.
Recensioni
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