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Anno edizione: 2009
Anno edizione: 2013
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Sono cinque romanzi che si intersecano imperniati su uno scrittore tedesco sfuggente, Benno Von Arcimboldi e un luogo, Santa Teresa in Messico, il primo romanzo racconta le vicende di tre studiosi di questo scrittore che si mettono sulle sue tracce, personaggi appena accennati nel primo romanzo diventano protagonisti dei due successivi, il quarto è una lunga sequela di omicidi femminili nella città di Santa Teresa, che è un punto di concentrazione, come un enorme scolatoio dove tutto finisce, perché alla fine il mondo è piccolo, e tutti nelle loro peripezie tra l’inghilterra, l’Italia e il Mmessico, e altri luoghi finiscono nell’inferno dove avvengono gli omicidi. L’ultimo romanzo che racconta la vita di Arcimboldi fornisce anche un tentativo di dirimere il bandolo della matassa di tante vite ciascuna sconosciuta alle altre, il senso l’afferra solo il demiurgico lettore.
Certo non è un libro facile da leggere, ci vuole un certo allenamento per il continuo intersecarsi di storie nelle storie. Tuttavia ne vale ampiamente la pena. Non fornisco il massimo dei voti solo perchè rispetto a capolavori assoluti di analoga difficoltà di lettura come Moby Dick manca di un livello di lettura "semplicficato". Mi spiego meglio : alla fin fine Moby Dick può essere letto anche come romanzo d'0avventure un po' strano, questo libro invece non può che essere letto che come romanzo sui romanzi e sull'arte di raccontare storie.
L'ho letto. Tutto. Ero scettico, non pensavo di farcela. Non tanto per la mole, quanto per il timore di non riuscire a superare emotivamente l'orrore di certe pagine. E invece alla fine ce l'ho fatta. L'ho letto tutto. E mi è piaciuto tantissimo. Le cinque parti di questo romanzo si dispongono secondo una struttura poligonale, come le cinque punte di una stella. Ogni vertice aggrega attorno a sè una storia, ma della sua attrazione risentono anche le altre storie, così da formare un intreccio complesso di campi di forza che attirano o respingono gli eventi narrati secondo traiettorie imprevedibili. Da questo punto di vista ritengo che Bolaño sia riuscito nell'intento che si era prefisso: costituire un corpus di romanzi che si potessero leggere in un ordine qualunque. Io, per timore che ciò non fosse vero, ho seguito quello proposto nell'edizione Adelphi con i cinque romanzi raccolti assieme. Ma alla fine mi sono reso conto che un qualunqua altro ordine sarebbe stato altrettanto lecito; solo avrebbe costituito una esperienza di lettura profondamente diversa. Dentro 2666 ci sono tante storie, tanti personaggi, ci sono soprattutto tanti fatti, tutti descritti con minuzia e dedizione. Ma più ancora dentro 2666 ci sono spazi vuoti, zone desertiche, assenze, occasioni mancate, risposte non date, ipotesi non verificate, impegni non mantenuti, parole non dette. Ci sono sogni e profezie che non attecchiscono: potrebbero dare un senso alle cose, ma noi non abbiamo gli strumenti per interpretarle. Leggere questo romanzo è come trovarsi in quella camera d'albergo a Santa Teresa dove i due specchi, posti su due pareti che si fronteggiano, si riflettono l'un l'altro, ma non restituiscono la nostra immagine. Mi piace immaginare che il titolo alluda all'epoca in cui avvenne l'Esodo dall'Egitto. 2666 anni dalla creazione del mondo. Come se Bolaño avesse voluto lasciarci un moderno Pentateuco.
Recensioni
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Per il decennale della morte di David Foster Wallace si è assistito a un notevole proliferare di articoli, e conseguenti dibattiti social, non di rado caratterizzati dal fatto che la maggior parte di chi si esprime circa l’autore e il suo magistero lo conosce attraverso i suoi bellissimi saggi, i suoi eccellenti racconti o per lo spassoso reportage Una cosa divertente che non farò mai più, ma non ha letto Infinite jest , il romanzo-mondo che è fulcro e apice della sua opera, cosa che, specie in un paese in cui pure non si legge granché il suo diretto progenitore Pynchon (o tantomeno il “progenitore 2”: Gaddis) può causare rilevanti fraintendimeni: il parlarne come di un grande osservatore, di un uomo di straordinaria sensibilità o dell’alfiere dello stato d’animo dominante la nostra epoca. Tutte caratteristiche che senz’altro gli appartengono, ma che non sono che corollari alla sua capacità di scrittura: all’esattezza della sua prosa e alla complessità delle sue architetture narrative – e al fatto che avesse stabilito nel romanzo il dispositivo più efficace per l’analisi della realtà.
Il primo altro romanzo-mondo a catturare la nostra attenzione dopo Infinite jest fu 2666 di Roberto Bolaño, di cui quasi parrebbe futile parlare, vista la sua posizione, poco insidiata, di miglior romanzo del secolo in corso, e che invece è essenziale ricordare per la sua natura: se Infinite jest riprendeva e portava a compimento la tradizione del grande romanzo massimalista statunitense, Bolaño, ibridandola con le lezioni di Borges e Cortázar, e con quella letteratura europea di cui era fine conoscitore, riesce, con 2666, nell’impresa di generare un romanzo davvero lanciato, per forma, struttura e suggestioni, nel secolo a venire.
Vanni Santoni
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