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Anno edizione: 2018
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Il primo istinto che ho avuto chiudendo questo libro è stato quello di volerlo riaprire e ricominciare tutto da capo, per rivivere nuovamente le meravigliose emozioni che la prima volta mi avevano travolta, per poter assaporare nuovamente un’opera che nasconde dietro un’infinità di interpretazioni e mondi. È assolutamente un’opera letteraria magnifica, è davvero difficile poter raggiungere un tale livello in un singolo libro, ma Tristan Garcia ci è ampiamente riuscito. Quest’opera è come un immane antologia, che racchiude in sé tutti gli argomenti possibili e impossibili che riguardano il genere umano, vaglia qualsiasi domanda che l’uomo si pone, affronta tutto ciò che è vita, arrivando anche all’impossibile. In un libro viene racchiuso un ecosistema, un mondo a parte, che aprendolo ridona la vista.
Sette capitoli, sette racconti apparentemente sconnessi tra loro ma che trovano unità nella settima e ultima storia, la più lunga e la più intricata. Ho amato profondamente questo libro, un mix tra fantastico, surreale e distopico. Ogni capitolo è stato un viaggio, è stato un modo, seppur fantastico, di riflettere su tematiche importanti perché si parla di credenze, di bellezza, di legami, di giustizia. L’autore, Tristan Garcia, è in grado di trasportarci in modi differenti, in situazioni al limite del normale ma seppur sempre connessi alla realtà, con elementi della quotidianità per entrare maggiormente in rapporto con il lettore. E secondo il mio punto di vista questo metodo è risultato vincente, perché ogni capitolo è in grado di catturare il lettore fino all’ultima parola, di tenerlo legato e affascinato dalla capacità narrativa dell’autore. Una delle letture migliori di quest’anno!
E’ una raccolta di sette racconti, slegati tra loro, non un romanzo. Forse il più interessante, e commovente, è “La Rivoluzione Permanente”, in cui la protagonista Hélène, comunista inossidabile oscilla in continuazione tra realtà (quella triste delle periferie parigine, della classe operaia emarginata e sotto-pagata, dei governi di destra) e sogno (di una rivoluzione trockista che aveva preso il potere nel 1973, spazzando via i vecchi governi di destra e inaugurato una Francia comunista, la vittoria del Fronte Popolare, quello stesso fronte che negli anni trenta era stato travolto in Spagna e in Francia). La dura realtà quotidiana prende il sopravvento ed Hélène si riduce a un fantasma che non si riconosce più sia nel sogno sia nella realtà. Una menzione a parte merita il “Settimo”, un vero romanzo (230 pagine). Qui il discorso si fa complesso e parte male: nella prima delle sue sette incarnazioni l’io narrante a sette anni perde prima due, poi altri tre litri di sangue, prima che lo portino d’urgenza al Val-de-Grâce a Parigi. A quell’età, perdendo 5 litri di sangue, si muore in diretta. Qui un ematologo, il Dr. Fran, gli pronostica l’immortalità e in effetti il ragazzo muore e resuscita altre sei volte. La si poteva lasciare così, come una favola che riprendeva i miti della reincarnazione degli Indù, ma quando ci si ostina a dare un significato biochimico e/o genetico al fenomeno (identificando milioni di proteine) o cercando il gene che garantisce l’immortalità, ci si copre di ridicolo a voler dare un manto scientifico ad una favola. Assurda, in quanto il ragazzo incarnandosi altre sei volte ritrova un mondo sempre uguale, quando già Eraclito, con il suo Panta Rhei, aveva sintetizzato 2500 anni fa il concetto che l'uomo non possa mai fare la stessa esperienza per due volte, poiché è sottoposto alla legge del mutamento. Anche il lettore qui muore, una volta sola, di noia, per il ripetersi, nelle sette vite del ragazzo, sempre della stessa storia immutabile!
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