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A che servono i Greci e i Romani?
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A che servono i Greci e i Romani? - Maurizio Bettini - copertina
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A che servono i Greci e i Romani?

Descrizione


«Se non leggeremo più l'Eneide perderemo contatto non solo con il mondo romano, ma anche con ciò che è venuto dopo. Perdere Virgilio significa perdere anche Dante, e così via. Un cambiamento radicale di enciclopedia culturale somiglia infatti a un cambiamento di alfabeto.»

Sempre più spesso a chi si occupa di discipline umanistiche - e soprattutto classiche - viene chiesto: «A che cosa serve?» Dietro questa domanda agisce una rete di metafore economiche usate per rappresentare la sfera della cultura («giacimenti culturali», «offerta formativa», «spendibilità dei saperi», «crediti», «debiti» e così via). A fronte di tanta pervasività di immagini tratte dal mercato, però, sta il fatto che la storia testimonia una visione ben diversa della creazione intellettuale. La civiltà infatti è prima di tutto una questione di pazienza: e anche la nostra si è sviluppata proprio in relazione al fatto che alla creazione culturale non si è chiesto immediatamente «a che cosa servisse». In particolare, è proprio lo studio dei Greci e dei Romani a meritare questa pazienza: soprattutto in Italia, un paese la cui enciclopedia culturale è stata profondamente segnata dall'ininterrotta conoscenza dei classici. Se si vuole mantenere viva questa presenza, però, è indispensabile un vero e proprio cambiamento di paradigma nell'insegnamento delle materie classiche nelle nostre scuole.
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Dettagli

2017
7 febbraio 2017
147 p., Brossura
9788806233235
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Indice

Indice

Prologo

I. Le ambiguità del servire

II. L' invasione delle metafore economiche

III. La civiltà, una questione di pazienza

IV. Italy, the Land of Culture?

V. La memoria culturale

VI. Il senso dei luoghi

VII. La contingenza greco-romana dell'Italia

VIII. Greci e romani. Un patrimonio "interno"

IX. Due mitologie

X. Fragilità e responsabilità

XI. I calzoni di Orazio e l'Odissea vichinga

XII. Un cambiamento di paradigma

XIII. Verso il mondo classico. Altre vie

XIV. Alterità degli antichi

XV. Le parole degli antichi

XVI. Lingue «morte»

XVII. Lo studio delle lingue classiche

XVIII. L'antropologia dei classici

XIX. Il Rinascimento, i classici e gli altri

XX. Una questione di humanitas

XXI. Le antichità degli altri

XXII. Valutazione finale

XXIII. «Radici» greco-romane e «identità» classica

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Cristiano Cant
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L'idea di uno sfondo umano e culturale sempre più carente, i nostri tratti migliori traditi o almeno rinchiusi in un deposito avaro di coscienza, senza più memoria, la culla ripudiata da un suono adulto privo di fedeltà e sentimento; è questo il bellissimo ammonimento che veleggia e scuote nel gioco di queste pagine. La mano tesa verso un passato che ci costituisce, l'albero dei nostri sensi dentro questa modernità poco arata e rispettata, una palude del sentire, non deve e non può mostrarsi cieco, avaro nei confronti di un cielo intensissimo, di virtù cardinali, primarie, in ogni spirito che si dica autentico, pena una condanna a patire il sordido di linguaggi mostruosi, di erotismi elettronici più che triviali, di verità integralmente deposte. C'è un maternità intellettuale che non potrà mai morire, l'alfabeto che ricama il nostro palato selvaggio e lo educa al giusto, al vero, la disciplina, lo sforzo di secoli e secoli dentro i quali l'impronta più degna e alta che la condizione umana potesse offrire saprà sempre sfoderare le sue intatte grandezze. Atene e Roma sono pagine del nostro sangue di adesso, di uno ieri identico a tre ore fa, dove un poema, un capitello, un ritratto non sono che il carattere del nostro destino, delle nostre inquietudini, di questa materia insondabile e splendida che ci nutre e ci attira come una benefica strada di salvezza. Omaggi e lodi a questo libretto prezioso, dove quel sogno e quel contatto restano immediati, e il nostro perderci fra false cadenze è finalmente scosso da echi identici a balie fedelissime, alleate, sorelle.

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alida aoraghi
Recensioni: 5/5

Salvemini affermava che «La cultura è il superfluo indispensabile». Una necessità, un lusso che dobbiamo poterci permettere e meritare. All’interno della produzione culturale, che ruolo occupano gli studi classici? Il nostro paese è naturalmente erede di un’eccezionale tradizione, che gli deriva da più di due millenni di storia, di arte, di letteratura depositata in monumenti, affreschi, poesie, opere teatrali, testi filosofici. Tracce che racchiudono come in uno scrigno prezioso la memoria di una civiltà, che per secoli ha saputo tramandarsi nelle generazioni, arricchendole, ispirando ogni nuova produzione artistica. I classici sono la nostra memoria collettiva, un’enciclopedia condivisa da tutti gli italiani, che si esprime in primo luogo attraverso una lingua ricalcata sul latino, in un meccanismo di continuità culturale individuabile non solo nel lessico e nella sintassi, ma anche in un patrimonio comune di immagini, di leggende, di miti. Perché questa prestigiosa memoria non vada persa dobbiamo rivitalizzarla, nutrirla, riaccenderla attraverso nuove strategie didattiche. Bettini propone una drastica rivoluzione nei programmi scolastici, con l’inserimento di attività in grado di suscitare più interesse negli alunni. Rielaborazione e messa in scena di testi teatrali; reception studies che rintraccino la presenza dei classici nelle opere letterarie e artistiche attuali; approfondimento di strategie comunicative attraverso i testi della retorica antica; visite guidate a musei e siti archeologici. Ma soprattutto confronto con l’alterità del mondo classico, con la sua diversità nei modelli religiosi, familiari, politici, legali rispetto a quelli della nostra epoca. Gli insegnanti dovrebbero riuscire a suscitare negli allievi una curiosità arricchente nei confronti dell’antichità, incoraggiandone lo studio delle analogie e delle differenze con la società contemporanea, facendo riscoprire una realtà alternativa a quella che viviamo quotidianamente.

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Maurizio Bettini

1947, Bressanone

Classicista e scrittore, insegna Filologia classica all'Università di Siena dove ha fondato il Centro Antropologia e Mondo antico. Per Einaudi ha pubblicato i romanzi In fondo al cuore, Eccellenza (2001), Le coccinelle di Redún (2004), Con l'obbligo di Sanremo (2013), oltre a numerosi saggi, tra cui i celebri Il ritratto dell'amante (1992), Voci. Antropologia sonora del mondo antico (2008), Vertere. Un'antropologia della traduzione nella cultura antica (2012), Con l'obbligo di Sanremo (2013), A che servono i Greci e i Romani? (2017) e Il mito di Medea (2017).Nel 2014 pubblica per Il Mulino Elogio del politeismo. Quello che possiamo imparare dalle religioni antiche, cui seguono Il grande racconto dei miti classici (Il Mulino, 2015) e Radici. Tradizioni, identità, memoria...

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