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Anno edizione: 2013
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«Il mare, il mare! Io non posso fermarmi qui, ho il mio odore da seguire, devo correre, l'autostrada mi aspetta.»
Altri libertini ha avuto fin dagli inizi una vita avventurosa: pubblicato nel 1980, sequestrato per oscenità e poi assolto dal tribunale («con formula ampia»), è stato giudicato dalla critica una delle opere migliori degli ultimi anni e ha imposto Tondelli tra i nuovi autori italiani più letti anche all'estero. Nel descrivere il libro, Tondelli preferiva utilizzare la definizione di "romanzo a episodi". Ciascun racconto, pur restando narrativamente autosufficiente, trova difatti il suo compimento in un'unitarietà che «ha come filo comune l'esperienza dei giovani degli anni Settanta tra viaggi ad Amsterdam e Londra, droga, lotte studentesche, ricerca della propria identità, utopie di libertà». I sei episodi, presi nel loro complesso, definiscono pertanto una vera e propria soggettività plurale, un Noi narrativo che fa di questo romanzo un autentico ritratto generazionale.
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Tralasciando di discutere le posizioni reazionarie di qualche commentatore prima di me, che peraltro si commentano da sole, ci tengo a sottolineare che questa è l'unica edizione non censurata del romanzo-non romanzo: l'ed. Bompiani presenta una redazione dei primi due titoli purgata delle bestemmie e di qualche altra parola non consigliabile ad una brava madre di famiglia. Il problema filologico del testo, di cui la divergenza delle edd. Feltrinelli e Bompiani è segnale evidente, fu ottimamente studiato da M. Chiamenti in un articolo pubblicato su "The Italianist", 27 (1), 2007, p.151-165.
Questo non è un libro per tutti. Diretto come poche cose nella vita, pochissime tra le quali piacevoli. Neanche questo libro lo è, anzi è tutto fuorché piacevole, ma è una delle esperienze di lettura migliori. Ritratto di una generazione che ha ancora la potenza di parlare alle generazioni successive con un impatto che assolutamente non si è affievolito. Colpisce ora come allora, forse più di allora vista la scomparsa dell'autore.
Lascio agli altri la recensione del contenuto del romanzo, già ottimamente definito come "un pugno nello stomaco" o "ritratto generazionale". Il pregio di Tondelli è quello di aver sdoganato temi "underground" nella letteratura italiana, segnata sul groppone dall'effigie di quei Mostri Sacri che riempiono le nostre antologie e in qualche modo congestionano la nostra identità letteraria contemporanea. Tondelli apre la strada alla stagione Pulp dei Cannibali di Ammaniti, Brizzi, Nove e compagnia, facendo loro da maestro segnando sempre la sua individualità con uno stile fervido e deciso. La sua scrittura sembra in un primo tempo immediata e banale, ovvia, una scrittura orale che potrebbe appartenere anche all'ultimo degli sciocchi; bisogna invece fare attenzione alla continua novità del suo linguaggio, ricchissimo di riferimenti culturali, di figure di stile e di neologismi mai banali. Ricordiamo sempre che non è facile rendere nello scritto la fluidità del parlato: spesso questo esercizio sfocia un brutture scialbe. Tondelli sa dare vita a una lingua aderentissima al suo genere a ai suoi temi, illuminandola con focalizzazioni da capogiro, con l'uso di monologhi interiori collettivi che spingono la mimesi a livelli sempre più elevati. L'esperienza della droga, dell'eroina e della cannabis la fa prima di tutto il lettore, perso nel trip di Postoristoro; la sessualità promiscua, il viaggio on the road, il sesso occasionale, le botte, le liti, la crescita personale, il dolore di diventare grandi senza avere un futuro in mano... Il lettore vive tutto ciò e può farlo proprio, può comprendere quella generazione sbandata senza il bisogno di ricorrere realmente alla droga e alla depravazione.
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