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Ottimo film come l'omonimo romanzo, anzi forse (caso rarissimo) ancora più bello del libro. In merito ai riti vudù vorrei raccontare una testimonianza diretta di un vecchio scrittore horror (Hugh Cave): durante una celebrazione rituale ad Haiti (anni '60), lo scrittore stava parlando con un bambino di otto anni, all'improvviso il bimbo si mette a tremare preso dalle convulsioni, posseduto a quanto pare dallo spirito della morte dei Loa, Papa Gedè, si catapulta fra i celebranti toccando le parti intime di tutte le donne e si scola un'intera bottiglia di rum al peperoncino, che avrebbe potuto far morire anche un adulto. Poi crolla al suolo, e poco dopo ritorna SOBRIO accanto allo scrittore, come se nulla fosse accaduto, riprendendo la conversazione nello stesso punto in cui si era interrotta. Questo breve resoconto si trova in una vecchia antologia Bompiani curata da Stephen Jones, "La danza delle tenebre", in cui diversi scrittori horror, da Lovecraft a Machen, Barker, King etc..testimoniano le loro esperienze reali con il paranormale.
Un buon libro e un thriller appassionante. Ho adorato il film e il libro è sicuramente più completo, consiglio la lettura.
Semplicemente fantastico! Un film che non annoierà mai, nemmeno fra 100 anni. Sfido ai teenager del futuro a sostenere che questo film (dell'87) non sarà in grado di spaventare, ed interessare, anche senza i "fuochi pirotecnici" degli effetti speciali di questo millennio. Le sfumature cupe e le dinamiche classiche del noir sono i toni scelti dal regista per questa detection-story al limite fra thriller e horror. Mickey Rourke, con le sue cicatrici, l'aria trascurata, la sigaretta sempre accesa, lascia di sé una traccia splendente e maledetta, sorniona e sfatta. Impossibile da dimenticare nel film, e nell'immaginario del cinema. Come memorabile è Lisa Bonet nel ruolo di Epiphany Proudfoot. Da Brooklyn ad Harlem, fino a New Orleans, mentre la storia si intasa di mistero, ci si imbatte in inquadrature capaci di evocare grandi suggestioni: il campo lungo dove Angel si intrattiene a parlare sulla spiaggia ne è un esempio. Una boccata d'ossigeno, in un percorso filmico e narrativo in cui anche il sesso è intriso di sangue. E il montaggio, in alcune sue parti, come durante la ritmata sequenza del sacrificio voodoo, assume la natura di una frenetica danza. Per diventare addirittura traumatico nella scena della stanza d'albergo dove, il tempo, appare fermarsi. E consumarsi in maniera selvaggia e surreale. Una discesa ripida quindi, in cui si cammina, al buio, accompagnati da visioni di morte, reminiscenze frammentarie, attenti a dove mettere i piedi, concentrati sulla direzione giusta da seguire. I suoi ventilatori, il sangue che sporca le pareti, che si sostituisce alla pioggia, che fluisce da e con le immagini. E poi, quei dieci minuti di finale in cui tutto accade così in fretta da sembrare fin troppo precipitoso, perché si vorrebbe capire e fare chiarezza. Ma succede invece che si precipita e basta. Dritti all'inferno.
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