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Non semplice, ma bellissimo.
da wikipedia: “Nel cinema si intende per fuori campo tutto ciò che accade fuori dal campo visivo del quadro ma è presente nell’immaginario spazio adiacente.” Ogni romanzo di Pynchon è in realtà due romanzi. C’è il “Romanzo” costituito appunto da fogli di carta bianchi rilegati con stampato in font Times New Roman (in nero) con caratteri dell’alfabeto occidentale il Romanzo. Poi c’è “l’Altro Romanzo” che è quello interno presupposto al romanzo stesso, che c’è e non c’è al tempo stesso. L’ “Altro” del romanzo è tutto quello che viene fatto intendere a chi sa intendere (la strizzatina d’occhio dell’autore) rivolto a coloro che sanno intendere. L’arcobaleno della gravità è il tentativo di afferrare l’ineffabile, di narrare l’inenarrabile attraverso il linguaggio umano, che come ben sappiamo è costituito dalla trascrizione tramite simboletti che corrispondono a un suono fonetico, e concatenati insieme secondo un nesso logico formano il linguaggio umano. Una cosa a cui siamo abituati fin dall’infanzia ma che apparrirebbe pura stregoneria fantascientifica ad un indigeno della Papua Nuova Guinea. Pynchon è il tentativo di narrare la complessa rete di micro/macro eventi, le sincronicità, i paradossi, la vita. Questo romanzo è molto più che un semplice susseguirsi di fatti immaginari e personaggi inventati, è un romanzo che è qualcosa di più di un “Romanzo”. A questo punto mi verrebbe da dire che è quasi (quasi?) un peccato che Pynchon in vita sua abbia scritto solo (solo?) dei romanzi (romanzi?!) avrebbe potuto fare molto di più… io sono comunque convinto che Pynchon da molti anni, fin dai tempi di “V.“ starebbe scrivendo un grande romanzo-zibaldone immenso che conterrebbe Tutto. In quest’ottica l’arcobale e i successivi romanzi altro non sarebbero che frammenti-esperimenti di Quell’Altro romanzo immenso che il nostro starebbe ancora scrivendo.
Non basta che un libro accumuli concetti, nozioni tecniche, lingue diverse, metariferimenti a tutte le culture possibili e quant'altro per essere bello. Bisogna anche disporre tutto questo armamentario in modo che il lettore possa fruirne senza tenere in mano il manuale di istruzioni. Invece Pynchon il lettore lo maltratta, infliggendogli cambi di tempo e luogo senza avvisarlo, personaggi stralunati che si muovono con la logica dei pesci in un acquario, interminabili discussioni su argomenti che compaiono senza un senso definito. Questo sadismo joyciano consistente nel rendere faticosa la lettura e misterioso il senso di un'opera per esaltare la propria cultura e la propria tecnica è senz'altro uno dei caratteri più irritanti della modernità o postmodernità, e non ce libereremo mai troppo presto. Pynchon è uno che sa scrivere, e il soggetto del romanzo è geniale, ma mentre, tanto per dire, un David Foster Wallace riesce a renderci interessante anche la vernice che si asciuga, qui sembra che si faccia apposta a scoraggiare il lettore dall'andare avanti a leggere. Alla fine della seconda parte incontriamo questo angoscioso interrogativo: "Quante possibilità ha una persona di essere una sintesi, Pointsman?": a quel punto ho deciso che potevo vivere anche senza sapere la risposta, ed ho interrotto la lettura.
Recensioni
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Romanzo apocalittico e grottesco al tempo stesso, L'arcobaleno della gravità si sviluppa di scena in scena spostando nello spazio e nel tempo - dalla Betlemme di Cristo alla Londra colpita dalle V-2 alla Los Angeles di Nixon - il "presente" della narrazione. Oltre quattrocento personaggi interpretano una trama formata dai frammenti più svariati della cultura, avvolgendo il lettore/spettatore in una ragnatela fitta di significati e coinvolgendolo in uno spettacolo unico e indimenticabile.
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