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Indimenticabile e commovente. Lettura scorrevole, ricca e originale.
Per quanto stimi D'Avenia, questo libro non mi è piaciuto moltissimo. A volte ridondante e ampolosso e, secondo la mia opinione, la riconduzione di quanto espresso nel libro al pensiero leopardiano a volte è un pò troppo forzata. Anche se, comunque, condivido il tentativo dell'autore di utilizzare un metodo alternativo nello studio dell'autore, rispetto ovviamente a come viene studiato nelle scuole.
Caro Giacomo, Encomiabile che un professore porti in classe e al folto pubblico dei suoi lettori la tua grande figura di poeta e filosofo dalle forti radici ancorate nel secolo dei Lumi e con lo sguardo rivolto alle infinite sfaccettature del Romanticismo. Bello finalmente che ti veda come una persona viva, sognatrice, dolorante, ricca, stimolante, struggente, contraddittoria, come tutti i giovani di tutti i tempi. Acuto, non banale il fatto che questo professore ti presenti non come una povera anima sopraffatta dal pessimismo ma che ti descriva anzi intento ad allungare il tuo sguardo oltre i limiti e gli ostacoli che la vita ti ha posto, e ci pone, di fronte, per affrontare con dignità la debolezza umana e superare le limitazioni del nostro corpo e della nostra mente per mezzo delle idee. Caro Giacomo, io però spero che questo professore, così pieno di entusiasmo e di buone pulsioni professionali e umane impari ad usare un tono meno perentorio con tutti noi, che capisca che non necessariamente la tua spiritualità, che il senso di eternità che gli uomini nutrono non debba essere obbligatoriamente illuminata dalla sua stessa Fede. Spero che scopra il sentimento del dubbio, che impari che un insegnante propone, facilita, coordina ma lascia anche spazio e libertà. Che il fine ultimo del suo ruolo è quello di diventare trasparente, presente ma alla fine invisibile. Che i discenti debbano essere portati verso la Verità, ma che questa non è la “sua” Verità ma quella che essi scopriranno con autonomia di giudizio.
Recensioni
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“Da te ho imparato, Giacomo, come si guardano le stelle da una finestra mentre il mare, specchio del purissimo azzurro del cielo, respira infaticabile e tranquillo. Da te ho imparato come ci si meraviglia, sovrastati dalle cose non fatte dall’uomo che ispirano quelle che ancora può fare.”
Uno dei giochi che il professore Alessandro D’Avenia ama fare con i suoi studenti del liceo è quello di iniziare a raccontare la vita di scrittori e poeti partendo da un’immagine o da una fotografia. A suo dire questo è un modo alternativo di fare le presentazioni, come se si trattasse di un amico incontrato per caso.
Con un solo poeta D’Avenia esordisce in maniera diversa, lo presenta come “Il più grande poeta moderno” e poi i ragazzi devono indovinare di chi si tratta. Difficilmente viene fuori il nome di Giacomo Leopardi, perché purtroppo Leopardi si porta dietro quel manto di “sfiga” e pessimismo che una certa critica gli ha affibbiato molti lustri fa. Non deve essere facile per un professore innamorato della sua poetica, convincere gli studenti che quello di Giacomo Leopardi non è pessimismo, ma che il suo pensiero anzi è vitale, esplosivo, tendente all’infinito.
Già il regista Mario Martone con il film Il giovane favoloso del 2014 ha provato, anche grazie a una magistrale interpretazione di Elio Germano, a capovolgere l’immagine del poeta di Recanati. Oggi D’Avenia riparte dalla stessa identica immagine, quella di un adolescente seduto vicino alla finestra e intento a leggere i testi dell’immensa biblioteca paterna ma sempre tenendo un occhio fuori, verso la natura, per creare un contatto intimo tra Giacomo Leopardi e tutti gli adolescenti.
In questo libro, che è una lunga lettera scritta in seconda persona, Alessandro D’Avenia si rivolge direttamente al suo amico Giacomo chiedendogli essenzialmente due cose: cosa vuol dire essere adolescenti e cosa rimane dentro di noi di questa età della vita. Per poi, naturalmente, ringraziarlo.
“Grazie per avermi ricordato che l’immaginazione non è cosa da poeti, ma da uomini che fanno di ogni azione poesia, cioè compimento: è poesia un amore fedele, è poesia un piatto gustoso, è poesia una spiegazione appassionante. Questa lezione mi serve tutti i giorni in classe, quando devo mettere la mia immaginazione al servizio dei volti acerbi dei miei alunni, per vedere l’invisibile che si cela dietro il loro informe essere al mondo. Questa è la poesia del mio mestiere […]. Loro sono la mia biblioteca di inediti.”
Una cosa è subito chiara: gli adolescenti non hanno domande, ma sono domande, sono un continuo oscillare tra desideri e disastri (de-sidera, distanza dalle stelle e dis-astro, assenza di stelle). Ma come fare a trasformare questa estrema fragilità, questo limite incipiente, in bellezza?
È Giacomo Leopardi l’unico poeta ad aver creato massimi esempi di bellezza partendo dai suoi stessi limiti ed è lui il testimonial migliore per spiegare a tutti gli adolescenti di oggi come fare a capovolgere in positivo le loro vite.
Attraverso la lettura delle sue opere, soprattutto dello Zibaldone che Alessandro D’Avenia dimostra di conoscere approfonditamente, partecipiamo alla creazione di un nuovo Leopardi e intraprendiamo un viaggio sorprendente al termine del quale la natura, la sapienza e il nostro io si congiungono in un unico elemento alchemico.
Se sia una lettura più indicata per l’adolescente che voglia affrontare con slancio questa fase della vita, o per il docente che abbia voglia di misurarsi con la grande sfida lanciata da D’Avenia, questo non possiamo dirlo. Di certo possiamo dire che questa nuova prova dell’autore di Bianca come il latte, rossa come il sangue non è solo un romanzo d’amore, ma è una dichiarazione d’amore, verso un’età della vita e soprattutto verso il suo mestiere di insegnante.
Recensione di Annalisa Veraldi
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