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L' assedio. Troppi nemici per Giovanni Falcone
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L' assedio. Troppi nemici per Giovanni Falcone - Giovanni Bianconi - copertina
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assedio. Troppi nemici per Giovanni Falcone

Descrizione


Tragico e coinvolgente, "L'assedio" ci riporta a uno dei periodi più bui della nostra Repubblica, eppure, nonostante tutto, non è la cronaca di una sconfitta: racconta la straordinaria avventura dell'uomo che, con la sua azione, ha segnato il declino di Cosa nostra.

«Per essere credibili bisogna essere ammazzati, in questo Paese?» - Giovanni Falcone

A venticinque anni dall'attentato di Capaci, Giovanni Bianconi ricostruisce, attraverso i documenti e i ricordi dei protagonisti, l'ultimo periodo della vita di Giovanni Falcone. Un'indagine nella Storia, che rivela la condizione di accerchiamento in cui si è trovato il giudice palermitano, stretto tra mafiosi, avversari interni al mondo della magistratura e una classe politica nel migliore dei casi irresponsabile. E individua coloro che, nascosti dietro il paravento del «rispetto delle regole», lo contrastarono, tentarono di delegittimarlo e lo isolarono fino a trasformarlo nel bersaglio perfetto per i corleonesi di Totò Riina.

«Non vi è dubbio che Giovanni Falcone fu sottoposto a un infame linciaggio - prolungato nel tempo, proveniente da più parti, gravemente oltraggioso nei termini, nei modi e nelle forme - diretto a stroncare per sempre, con vili e spregevoli accuse, la reputazione e il decoro professionale del valoroso magistrato. Non vi è alcun dubbio che Giovanni Falcone - certamente il più capace magistrato italiano - fu oggetto di torbidi giochi di potere, di strumentalizzazioni a opera della partitocrazia, di meschini sentimenti di invidia e gelosia (anche all'interno delle stesse istituzioni), tendenti a impedirgli che assumesse quei prestigiosi incarichi i quali dovevano, invece, a lui essere conferiti sia per essere egli il più meritevole, sia perché il superiore interesse generale imponeva che il crimine organizzato fosse contrastato da chi era indiscutibilmente il più bravo e il più preparato, e offriva le maggiori garanzie - anche di assoluta indipendenza e di coraggio - nel contrastare, con efficienza e in profondità, l'associazione criminale» - Dalla sentenza della seconda sezione Penale della Corte di Cassazione. Roma, 6 maggio 2004.
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Argomenti

Dettagli

2017
24 aprile 2017
Brossura
9788806233709
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Indice

Il nome ufficiale era Stay behind, che letteralmente significa «stare dietro»; sottinteso: le linee dell'ipotetico invasore dall'Est comunista, da scompaginare attraverso la rete clandestina di patrioti addestrati a sabotare e resistere. Un'operazione imbastita dall'Alleanza atlantica a metà degli anni Cinquanta, ma in Italia nessuno ne ha saputo niente - tranne pochi governanti e ufficiali del servizio segreto militare - finché il presidente del Consiglio Giulio Andreotti l'ha resa pubblica, a ottobre del 1990. Chiamandola col nome «Gladio», dal simbolo della piccola spada a doppia lama contornata dal motto Silendo libertatem servo, «in silenzio servo la libertà». Da quel momento cominciarono a inseguirsi interrogativi e polemiche, come sempre quando s'intrecciano politica e trame occulte, nel Paese a «sovranità limitata» imposta dagli americani. Stavolta c'erano di mezzo anche la Cia e i depositi nascosti di armi e esplosivi, quanto bastava per alimentare dubbi su possibili collegamenti con le bombe che hanno condizionato la vita pubblica dal dopoguerra in avanti. Dopo un anno e tre mesi di indagini, sospetti e scambi d'accuse, ecco le prime conclusioni. Giudiziarie e politiche. Ovviamente discordanti e contrapposte, come si addice ai misteri italiani.

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Lorenzo7
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Bellissimo libro su Giovanni Falcone che indaga in maniera chiara e diretta sulle trame,le invidie,gli ostacoli che hanno isolato sempre di più il magistrato palermitano fino al tragico epilogo di Capaci.Consigliatissimo.

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n.d.
Recensioni: 5/5

Ottimo libro.lo consiglierei sicuramente ad un amico.

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Giancarlo Lupi
Recensioni: 4/5

Giovanni Falcone era un uomo solo. Come recita il sottotitolo del volume, egli aveva troppi nemici. Quali? In primo luogo Cosa Nostra, che Falcone portò alla sbarra facendone condannare i capi all’ergastolo. Poi l’area vasta di quanti erano contigui a Cosa Nostra, nel mondo politico e non. In terzo luogo (e verrebbe da dire soprattutto) molti ambienti della magistratura italiana. Falcone aveva svelato la struttura organizzativa di Cosa Nostra, basata su un’unica struttura piramidale di comando, che assumeva decisioni e deliberava i delitti e su regole interne inderogabili. Egli intuì che il contrasto alla mafia necessitava di metodi nuovi e di una Procura (e di un procuratore) nazionale antimafia, nella quale confluissero e fossero centralizzate tutte le indagini fino ad allora segmentate. Ma gran parte della magistratura ritenne che la Superprocura avrebbe ridotto il “potere diffuso” di indagine dei singoli magistrati e sarebbe diventata “un Cavallo di Troia per mettere in discussione l’autonomia e l’indipendenza della magistratura e l’obbligatorietà dell’azione penale”. Di qui la diffidenza del mondo magistratuale verso Falcone, cresciuta dopo che egli divenne Direttore generale degli Affari penali quando ministro della Giustizia era il socialista Martelli, in un governo guidato da Giulio Andreotti. Il libro di Bianconi offre tanti spunti che meriterebbero di essere raccolti. Ma, alla fine della lettura, resta un interrogativo: dietro la morte di Falcone (e di Borsellino) ci fu solo la mafia? Bianconi non si pone la questione, ma nella “società politica” è stata più volte affacciata l’ipotesi che Falcone sia morto anche a causa di interessi internazionali intenzionati a stroncare alcune sue indagini su casi di grande riciclaggio (come quello legato all’uscita dalla Russia post comunista di ingenti somme di denaro nella disponibilità del KGB, sul quale il Procuratore russo Stepankov aveva chiesto e ottenuto la collaborazione di Falcone).

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Giovanni Bianconi

1960, Roma

Giovanni Bianconi è inviato del «Corriere della Sera», per il quale segue le piú importanti vicende giudiziarie e di cronaca. Ha scritto vari libri. Per Einaudi ha pubblicato Mi dichiaro prigioniero politico. Storia delle Brigate Rosse (Stile libero, 2003) e Eseguendo la sentenza. Roma, 1978. Dietro le quinte del sequestro Moro (ultima edizione «Super ET», 2010).

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