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"L'atleta" è un tipico film fantasma. Assente dal database di molti siti di cinema italiani, è stato visto e commentato da pochissimi e pure stroncandolo. Invece ha una struttura narrativa che mescola autobiografia, biopic, fiction, documentari, e la verità spunta fuori più dalla finzione che dagli stralci di repertorio. Abebe Bikila viene considerato il più grande fondista nella storia. Nato nel 1932 da un pastore povero nel villaggio di Jato in Etiopia, agente di polizia e guardia del corpo personale dell'imperatore Hailé Selassié, diventò un eroe nazionale con la vittoria della medaglia d'oro nella maratona all'Olimpiadi svoltesi a Roma 1960, dove corse l'intera distanza senza scarpe per una precisa scelta tecnica concordata col suo allenatore. L'etiope assurse a simbolo dell'Africa che si liberava dal colonialismo europeo conquistando la prima medaglia d'oro olimpica del proprio continente. Quattr'anni dopo, ai Giochi di Tokyo 1964, si presentò in condizioni di forma peggiori: era stato operato d'appendicite sei settimane prima della gara e perse tempo da dedicare agli allenamenti. In quest'occasione gareggiò con le scarpe e vinse ancora. Fu il primo campione olimpico a bissare la vittoria nella maratona e stabilì anche il miglior tempo mondiale sulla distanza. All'Olimpiadi del 1968 tenutesi a Città del Messico subì le conseguenze dell'altitudine, degli infortuni e dell'età, che lo costrinsero a ritirarsi dalla gara prima della fine. Nel 1969, mentre stava guidando nei pressi d'Addis Abeba per tornare a casa da un allenamento, si trovò coinvolto in un grave incidente che lo paralizzò dal torace in giù. Nonostante le cure e l'interesse internazionale non riuscì più a camminare. Sebbene impossibilitato nell'uso degl'arti inferiori, continuò a gareggiare: nel tiro con l'arco, nel tennistavolo e perfino in una gara di corsa di slitte (in Norvegia). Partecipò inoltre alle paralimpiadi di Heidelberg 1972 nel tiro con l'arco. Morì l'anno successivo, all'età di 41 anni, per un'emorragia cerebrale. "L'atleta" ce ne presenta il ruolo non da vincente ma da loser, anzi da perdente senz'eguali poiché considerato una leggenda immortale mentre lui esprime a ogn'istante l'autocoscienza di non aver vinto alcuna sfida significativa, quelle con la Storia e non con la cronaca e l'esistenza quotidiane. In ciò non compreso da nessuno, osannato da tutti per le sue vittorie di Pirro, ha vissuto l'enfasi della gloria ("ci sono voluti 500.000 soldati italiani per occupare l'Etiopia e un solo soldato Etiope per conquistare Roma") dimesso e solitario, spoglio e austero come l'altopiano del suo Paese, che non è paesaggio da cartolina turistica bensì metafora della sua desolazione interiore. Film straordinario, un "Toro scatenato" off-Hollywood. Mauro Lanari in collaborazione con Orietta Anibaldi.
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