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"Avatar" di Cameron e "2012" di Emmerich: sincretismo ecoambientalista neopagano d'uno spessore analogo a "La profezia di Celestino" (libro: 1993; film: 2006) e simile a quello che fece (giustamente) saltare la carriera di Cimino ("Verso il sole", 1996). Ciò che in "(The) Abyss" (1989) era soltanto un accenno all'avvento d'un nuovo mondo, adesso lo si esplicita per circa tre ore ininterrotte. Qualcosa del genere aveva tentato pure "Contact" (libro: 1985; film: 1997) o il De Palma di "Mission to Mars" (2000). Insomma stiamo al cospetto della nuova tendenza fra i guru d'Hollywood e della Wall Street globale (cf. pure il recente "Hereafter" d'Eastwood & Spielberg). Ma il vero problema è a monte e può essere etichettato con un nome ben preciso: fissazione cognitiva (o ideoaffettiva) numerica. Quando agli ebrei venne (?) comandato di non avere nessun altro Dio tranne JHWH, passarono dal politeismo al monoteismo (alcuni invece sostengono enoteismo): un solo Dio (principale) e un solo popolo eletto (anche se magari con ricadute salvifiche universali). Del numero uno si fece una religione, diventò l'Uno d'adorare, un numero privilegiato. Poi invece col (falso) messia Gesù ci s'imbattè nella fondazione d'un completamente imprevisto nuovo culto religioso, che Agostino pose anch'esso come definitivo e conclusivo tramite l'equiparazione d'ecclesiocentrismo e cristocentrismo. Il dualismo manicheista e neoplatonico del vescovo d'Ippona ebbe il sopravvento e la storia fu divisa sulla base del predominio del due come ulteriore numero privilegiato: dopo ebraismo e cristianesimo sarebbe giunto soltanto il giudizio universale. Invece poco prima del 1200 Gioacchino da Fiore traslò la fascinazione al numero tre (si discute ancora se per influenza o meno del concetto trinitario), che ha via via attecchito al punto da rimpiazzare la storiosofia agostiniana: la struttura della realtà è triadica per Hegel e i neohegeliani da Ejzenštejn a Bloch, nonché sull'altra sponda del totalitarismo per Hitler, e pure per positivisti come Comte e Spencer. Con l'y2k della fede teista ora s'attende l'irrompere di questa terza fase, la quale però si regge biblicamente sul millenarismo dell'Apocalisse giovannea, che nella sostanza è quadripartita, ed extrabiblicamente su un'idea del decorso storico altrettanto frazionato in quattro epoche o eoni. La prospettiva ebraico-cristiana avrebbe occultato il periodo pregresso, egizio e non solo: la fase dell'"era del Toro". Riscrittura della storia da parte dei momentanei vincitori, ma anche caos matematico fra numeri ordinali e cardinali (non disponendo del concetto di zero, si fecero coincidere i primi quattro ordinali con le cifre da 1 a 4 invece che con 0, 1, 2 e 3). Millenarismo, next age, era dell'Aquario, età dello spirito: comunque sia, semplice anticipazione dello status edenico-paradisiaco e per ciò stesso sua agonica procrastinazione. Qualcuno fra cui anche un certo Kubrick ("2001: Odissea nello spazio", 1968) iniziò a scommettere su tale fase quattro e sul neonato numero degno di privilegio. Il peggio delle fissazioni cognitive è che attraggono selettivamente soltanto dati a corroborazione e proprio per questo inutili: nel caso odierno, dalla tetraktýs pitagorica al tetramorfo, simbolo prima astronomico, poi astrologico, poi evangelico e ora apocalittico. La quadripartizione cruciforme diventa la nuova ToE o GUT, dal piano cartesiano alle forze naturali fondamentali e allo spaziotempo. Ma già neoaristotelici e alchimisti sono pronti a rilanciare sul cinque, "Il quinto elemento" (Besson, 1998), la quint-essenza dell'etere (=?). Si può proseguire letteralmente all'infinito, cifra dopo cifra, rinverdendo l'analisi di Festinger che nel '56 pubblicò "When Prophecy Fails". Qui si tratta piuttosto d'un "When Apocalypse Fails": nel suo film d'esordio Aronofsky ha appena sfiorato un simile "Teorema del delirio" (1998). Gli preferisco De Crescenzo: con Pitagora "pare che anche fra i numeri esistesse un'aristocrazia: c'erano quelli nobili e quelli plebei."
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