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Anno edizione: 2013
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Riflessioni sul valore della menzogna e dei castelli di carta costruiti su di essa. Fino a che punto può spingersi la psiche umana quando si crea " un'esistenza inesistente" ? Interrogativo al quale non è affatto semplice trovare una risposta definitiva.
Viene da domandarsi se l’uomo di oggi non abbia sul mondo uno sguardo troppo ombelicale, tanto è difficile anche solo immaginarla una storia del genere. E, no! In questo caso non può trattarsi solo della distrazione di un singolo, è proprio un problema di sistema, di tutta la società o di gran parte di essa. A farmelo pensare è questa non-fiction di Carrère che mette sotto la lente l'affaire Romand, la tragedia umana da cui lo scrittore francese aveva già preso spunto per "La settimana bianca" ma che qui ricostruisce adottando lo stile che sarà anche di "Limonov": utilizza ripetutamente sé stesso come termine di paragone, perché proprio non riesce ad essere distaccato; niente di morboso o raccapricciante; anzi, della terribile e tristissima vicenda analizza per lo più i rapporti umani e il vortice di menzogne che ha inghiottito i Romand ed l’eventuale redenzione del capofamiglia Jean-Claude, che invece rimarrà eternamente noto come il pluriomicida, il bugiardo cronico, molto malato? troppo furbo? io non lo so. Quel che è certo è che a breve sarà “libero”.
Da un caso francese di cronaca nera, Carrère trae un romanzo che suscita in noi lettori profonde riflessioni, prima di tutto sulla costruzione di una falsa identità e sulla possibilità del perdono. Da leggere e rileggere, alzandosi ogni tanto per riprendere fiato e di gridare "non è possibile!", la maestria di Carrère ci mette in contatto con il perturbante di freudiana memoria, nostro e altrui.
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