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Anno edizione: 2022
Anno edizione: 2014
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La bella copia di Sciascia, scrittore moderno e propulsivo, e' costituita da Cerami, davvero uno scritto avvincente, il suo, realistisco al punto giusto e drammaticamente attuale. Asciutto, essenziale, senza fronzoli ed inutili orpelli, mette in evidenza molte realta' del costume italico: corruzione, devianza organizzata all'opera, esasperazione popolare. Nella famiglia Vivaldi si consuma la tragedia della borghesia. Proteso ad inseguire il posto fisso per il figlio, Giovanni si raccomanda al capoufficio, e soggiace alle condizioni imposte dal sistema:l'appartenenza obbligatoria alla loggia massonica per ottenere favori. Non basta. Il destino colpisce fatalmente a morte il figlio per il quale Giovanni era disposto a tutto, e l'uomo, proiettato in una situazione esistenziale quasi kafkiana, persa la moglie Amalia, non trova via d'uscita se non sfogare il suo livore accumulato nel tempo, sul giovane assassino, dalla cui arma parti' il colpo che in occasione della rapina al Monte dei pegni, feri' letalmente Mario, probabile vincitore di un concorso ministeriale grazie all'interessamento della loggia, che poco prima dello svolgimento della prova scritta era riuscita a far pervenire a casa Vivaldi il foglio con le domande... il borghese diventa omicida, seviziatore, occultatore di cadavere. È un uomo piccolo ma reso ancora piu' minuscolo dal degrado di un sistema senza il minimo referente etico, che fagocita tutto, allora come oggi (impressionante e di certo attuale la descrizione del concorso truccato). Si vacilla pigmei davanti all'esasperante blocco monolitico inossidabile della devianza imperante che impone il suo codice ignobile di riferimento per i cittadini, ormai assuefatti, spersonalizzati, costretti ad adeguarsi passivamente alla lobotomizzazione decerebrante coattiva. Giovanni sa che tutte le mattine avra' davanti la stessa situazione.
Ho letto questo capolavoro di Cerami nella prima edizione del 1977. Nella prima pagina trovo questa nota di mio padre -> da pag.60 M. Ho molta stima per lui,ma non ho seguito il consiglio. Avrei perso pagine indispensabili,descrittive,preparative.Non condivido neanche le parole di Calvino a proposito della stessa parte del libro "la sorda vischiosa continuità dell'esistere". L'uomo,noi e Giovanni Vivaldi tendiamo a fuggire dal presente,dalla vita che conduciamo,dall'ambiente che ci circonda,per vivere altre vite o immaginarie o effettive.Penso che quello che manca all'uomo è la capacità di non fuggire,di aderire al presente.La fuga è il fallimento di questa possibilità.La consapevole accettazione del presente è una meta sapienziale. La fuga è il fallimento di questa possibilità,è un modo di evadere in un luogo che può essere immaginario o reale,ma che spesso è un alibi,non un vero altrove.Giovanni,nella sua tragedia,nella ferocia,dimostra che anche nelle vite apparentemente più negative ci sono momenti di luce e splendore che sono quelli che danno lucidità e profondità all'esperienza.
Quello che più colpisce di questo romanzo pubblicato per la prima volta nel settantasei, è la freschezza dello stile narrativo, attuale, moderno, conciso e nel tempo stesso ricco di particolari e sfumature. La vicenda ruota intorno a un modesto impiegato di un ministero che accingendosi alla pensione sogna per il suo unico figlio la conquista della sua stessa posizione sociale, se possibile, con un grado superiore al suo. Un sogno che sembra destinato ad avverarsi se non fosse completamente rovinato da un incidente tanto drammatico quanto imprevisto. L'aspirante giovane impiegato viene accidentalmente assassinato durante le fasi cruente di una rapina al Monte di Pietà presso il quale padre e figlio stanno casualmente transitando. La madre del giovane morirà lentamente di dolore, mentre la vita di suo marito sarà completamente sconvolta. C'è una coerenza nel narrare che rende l'opera straordinariamente unitaria. I luoghi dimessi in cui i personaggi si muovono sono descritti con una maestria che non tralascia i particolari e che ben si intona con il modo di rappresentare la qualità dei sentimenti di coloro che, come dicevamo, questi luoghi abitano e vivono. Sentimenti al limite della grettezza, della meschinità. Come nell'icontro sul tram con gli ultimi della società, dalle cui fila il protagonista, godendo interiormente, pensa di aver escluso per sempre il figlio sistemandolo nel ministero. Molto forte è la scena in cui anni dopo l'omicidio al commissariato vengono mostrati in carne ed ossa i volti dei presunti assassini perchè si possa tentare un'identificazione. In particolare il momento in cui il padre riconosce davvero chi ha ucciso suo figlio, ma non lo denuncia per potersi poi vendicare da sè. E' impressionante la freddezza e la precisione con cui quest'uomo attempato e vinto dal destino, si rivale sull'assassino, ammazzandolo a sua volta ed occultandone il cadavere in più riprese. Il finale si dipana all'insegna di una vita spesa inutilmente e destinata a spegnersi senza aver trovato un senso o una giustifi
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