Il buio e la luce. La mia vita e i miei film

Mi sono ritrovato a leggere questa autobiografia per un esame e la cosa non mi è dispiaciuta affatto. In questo volume Friedkin racconta in dettaglio la sua storia cinematografica e non, la storia di uno dei più importanti, ma spesso sottovalutati, registi di Hollywood, che ha dovuto spesso adattare il proprio stile al mercato americano. Iniziando con i primi documentari, Friedkin inizia a farsi notare e riuscirà in poco a ottenere la possibilità di girare i suoi primi film, fino al momento di massima gloria che si trova a vivere all'uscita di "Il braccio violento della legge", che gli permette di vincere svariati premi. Dopo l'uscita di questo film il regista vivrà però una carriera altalenante visto che sarà costretto, molte volte, a sottostare alla volontà dei produttori hollywoodiani che lo obbligano a fare film in una maniera che non si addice al regista. Il libro arriva fino a pochi anni fa, quando Friedkin ha diretto i suoi ultimi film che dimostrano come lui sia ancora in grado di dare molto al cinema americano. Se ci si vuole addentrare nel cinema di questo autore questo libro è quello che fa per voi, poiché analizza in modo dettagliato quelle che sono state le scelte del regista durante la sua carriera e i tratti fondamentali della sua filmografia e della sua vita. Da leggere!

A dir poco splendido e irrinunciabile, il libro in questione non ha alcun bisogno di recensioni positive. Va letto d'un fiato. Naturalmente se si ama (o si è amato) William Friedkin e il suo cinema. Dispiace soltanto che l'autobiografia di uno dei massimi registi contemporanei sia stata trattata, redazionalmente parlando, con deplorevole disattenzione. Quasi fosse l'opera prima di uno scrittore sconosciuto. Imperdonabili refusi, sin dalle prime pagine (cognomi che cambiano per l'inversione di una vocale o di una consonante, "cappello" che diventa - improbabilmente, visto il contesto della frase - "capello", per citarne solo alcuni, ma l'elenco è, ahimè, lungo), non passano purtroppo inosservati e confermano, ancora una volta, come il piccolo mondo dell'editoria italiana non sappia più cos'è un redattore o un correttore di bozze. A Mister Friedkin, gran perfezionista qual è, si poteva riservare un trattamento migliore.