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Dal primo sangue alla vecchiaia, il corpo femminile diventa oggetto di discussione, contese, critiche e giudizi. Non soltanto dai media: la stessa società dispone criteri specifici, e talvolta contraddittori. Devi essere forte, ma delicata. Devi essere bella, ma naturale. Devi essere assertiva, ma accondiscendente. Esiste una maniera di venirne fuori, di non rendere tutto questo una forma di schiavitù?
«Il mio corpo ha cominciato a esistere con il menarca. Prima di allora sapevo di averne uno, ma essendo bianca e abile nessuno si era mai soffermato a osservarlo, era un corpo invisibile, e di conseguenza io non avevo mai preso in considerazione che esistesse anche al di fuori della mia percezione. Ero una bambina graziosa, magra, ubbidiente ed era normale che passassi inosservata. Fino a quando, una mattina d’autunno, non è arrivato il sangue.»
Attraverso un'accurata, appassionata eppure semplice analisi critica delle convenzioni e imposizioni su ciascuna parte del corpo femminile, Carolina Capria (L'ha scritto una femmina), che da lungo tempo indaga questo tema in chiave "pop", si risponde che la via d'uscita sta nel vedersi per intero, e non dover essere, ma volerlo.
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