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Un libro crudo e tristemente "vero", in cui il protagonista racconta la difficile infanzia e il duro percorso che gli ha permesso di appropriarsi della sua identità. Protagonista che, in questo caso, è autore stesso del libro. La scrittura e lo stile sono semplici e immediati. Si leggerebbe d'un fiato se ciò che è scritto non fosse così faticoso da digerire: non ci sono filtri, la realtà viene narrata così com'è, violenta e problematica. A molti potrebbe sembrare una storia già sentita, ma questo non la rende meno importante. È un libro che serve, soprattutto oggi.
La storia personale di Edouard Louis può essere quella di molti ragazzi. Il bullismo, infatti, è un fenomeno che pare destinato a non tramontare e che nell'epoca dei social network sta toccando punte di crudeltà inimmaginabili fino a qualche anno fa. Forse per tale motivo questo libro francese è diventato in breve tempo un caso editoriale sia in patria che all'estero; eppure leggendolo ci si ritrova a chiedersi all'inizio perché tanto successo: lo stile non è particolarmente esaltante, non si fa ricordare per alcun vezzo o cifra caratterizzante. Inoltre, a parte qualche eccezione, non accadono mai fatti per i quali il lettore salterà sulla sedia. Ciononostante qualcosa che colpisce c’è: l’assoluta ruvidezza con cui la voce narrante parla del contesto in cui vive, l’occhio impietoso con cui osserva e presenta la famiglia disastrata in cui è costretto a vivere, in condizione che talvolta sembrano addirittura uscite da un romanzo distopico. Per Louis l’omofobia di cui è vittima nel suo piccolo e squallido villaggio è conseguenza diretta della povertà e della mancanza di istruzione dei suoi concittadini. E qui arriviamo al vero motivo per cui la critica ha elogiato quest’opera: l’aspetto legato alla denuncia sociale, la rappresentazione di un fatto privato come esempio di conflitto di classe. Forse dà un po’ troppo di dietrologia un simile ragionamento, fatto sta che il libro si fa leggere volentieri, divorare per la sua semplicità e scabrosità. E considerato che il giovane autore ci ha messo la faccia, non risparmiando nessuno, in primis se stesso, svelando particolari privati alquanto scomodi, viene naturale apprezzarlo già per il suo indiscutibile coraggio. Ma non è una promozione a pieni voti, il libro somiglia troppo spesso allo sfogo frettoloso di un diario adolescenziale e sull’argomento sono stati scritti romanzi molto più belli e di maggior pregio letterario. In conclusione, siamo di fronte all’ennesimo caso editoriale pompato? Inutile girarci intorno: sì.
Libro molto bello, diretto, scritto molto bene e della giusta lunghezza. Racconta la storia di un ragazzo francese bianco povero che nasce e vive in un ambiente di povertà materiale e morale in Picardia. Il grave gap culturale e sociale della famiglia e dell'ambiente sono uno strazio per il giovane fino a quando riesce ad allontanarsi per fare il liceo lontano da casa. Così, in un ambiente borghese bello e pulito anche moralmente, riuscirà a superare le paure ed accettarsi.
Recensioni
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Un esordio letterario precoce, quello del giovane Eddy Bellegueule che decide di scappare di casa, di cambiare identità, di chiamarsi Édouard Louis e di scrivere questa disarmante autobiografia. Eddy e Édouard sono due persone lontanissime l’una dall’altra. L’Eddy del romanzo vive in una cittadina della Francia settentrionale, Édouard invece vive a Parigi dove frequenta la Scuola normale superiore; il primo è costretto a indossare una maschera che sin dall’infanzia si dimostra una soffocante prigione, il secondo invece è libero di esprimere se stesso, persino la sua omosessualità, dopo aver reciso le sue catene con il passato.
La storia raccontata in questo libro, quindi, è tutt’altro che un’esaltazione delle proprie radici ricordate con aria nostalgica. Niente di più lontano. Édouard, attraverso un racconto per nulla edulcorato, descrive senza reticenze né censure la sua tormentata infanzia fino al momento della fuga, che rappresenta una vera insurrezione personale e grazie a cui si riappropria di se stesso.
L’ambiente dove vive Eddy è sorprendentemente la Francia di oggi, per nulla rappresentativa dei rivoluzionari concetti di liberté, égualité e fraternité. Il paese è di piccole dimensioni, un concentrato di maschilismo, bullismo, razzismo, ignoranza, povertà, omofobia e violenza. Una realtà dove l’unico futuro contemplato è nel lavoro in fabbrica, dove si impara a gestire i rapporti interpersonali picchiando e facendosi picchiare, una realtà dove l’unico svago è la tv o l’alcol.
E la famiglia di Eddy trasuda tutto ciò. Sette persone costrette ad abitare in una casa insufficiente a contenerle tutte, umida e sporca; un padre alcolizzato, una madre anaffettiva e frustrata, un fratello spaccone, una sorella che sarà destinata a rimanere incinta troppo presto, due fratelli più piccoli e infine lui, Eddy, che delude le aspettative dei genitori. È aggraziato, timido, magro – il peso è invece una caratteristica apprezzata nel paese – non gioca a calcio ma ama la danza: vorrebbe continuare a studiare, si prova di nascosto i vestiti della sorella, non riesce a trattenersi dal gesticolare “come una femmina” quando parla. Niente di più diverso dal suo cognome, Bellegueule, che significa bella faccia, bellimbusto, faccia tosta. Un vanto per il signor Bellegueule, un insopportabile fardello per Eddy. Gli uomini in quel paese devono mostrare la loro virilità, devono “avere le palle”, devono essere dei duri; persino le donne si costruiscono un carattere spigoloso, rude e forte. Ed Eddy ci prova in tutti i modi a diventare come loro, a uniformarsi alle regole: cerca di acquistare peso ingozzandosi di patatine, cerca di controllare i suoi gesti quando parla, di imitare il linguaggio scurrile dei suoi amici, tenta di diventare un duro – “Oggi sarò un duro”, si ripete incessantemente quasi come un mantra – cerca persino di farsi piacere le ragazze pur di guarire, pur di non rimanere vittima di scherni e di violenze; a scuola ogni giorno è costretto a rimanere inerme dopo le botte ricevute dai compagni, a ingoiare i loro insulti e sputi mentre lo salutano con “sei tu il frocio?”. Queste parole sono per Eddy come uno stigma, come un marchio indelebile a cui però è impossibile abituarsi.
In lui matura la convinzione di non poter continuare a vivere in quella realtà, e non gli rimane altra scelta che fuggire. Tenta di farlo due volte, la seconda è quella buona. Si trasferisce a Parigi e in quel paesino non metterà mai più piede. Eddy, ormai Édouard, si salva perché ha fallito nell’impresa di omologarsi.
Ma se pensiamo che questo sia soltanto un libro sull’omofobia e sul percorso verso la consapevolezza dell’omosessualità del protagonista, ci sbagliamo di grosso. Qui la vera protagonista è la classe operaia che Édouard decide di smascherare denunciandone i limiti. Il sottoproletariato raccontato è incapace di liberarsi, non ha gli strumenti per farlo, perciò non gli rimane, da debole quale è, che darsi una struttura sociale sopraffacendo chi è ancora più debole. Il caso Eddy Bellegueule è quindi un romanzo politico che fa luce sulla Francia (e non solo) spaccata dal baratro fra classi. Ma ciò che è evidente dall’inizio, è che Eddy ha il sospetto di essere nato in un corpo borghese nel posto sbagliato, avverte in lui il germe di quell’Édouard che fiorirà di lì a poco e che avrà il coraggio di riscattarsi attraverso questo libro che sarà impossibile leggere con moderato distacco e assenza di trasporto.
A cura di Wuz.it
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