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Anno edizione: 2007
Anno edizione: 2014
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Una bella storia, in cui si respira l'atmosfera dei romanzi di Sciascia, con i suoi caratteristici finali e la profonda differenza tra come appaiono le cose e come sono
Ancora una volta Leonardo Sciascia riesce, in un romanzo molto breve, a mettere in scena la lotta impari e vana dell'uomo contro il potere. Un potere che è sempre più grande e travolgente, fino a stritolare chiunque si metta contro. Fino alla morte. Un racconto tutto da meditare. Unica nota meno positiva, a mio avviso, è lo stile di scrittura del romanzo che va avanti con troppi ":" e ";", forse conseguenza della volontà dello scrittore di intrecciare la trama alla riflessione che la trama deve generare.
"Quid est veritas?" "Che cos'è la verità?" Se lo chiedeva già Ponzio Pilato o, meglio, lo chiedeva al proprio autorevole interlocutore. E la stessa domanda se la sono posti in mille modi diversi tutti i filosofi e, magari in modo più rozzo, tutti gli ospiti del nostro pianeta da qualche migliaio di anni a questa parte. Leonardo Sciascia ne fece quasi una ragione di vita, accanto ad altre parole tronche e scomode quali onestà e legalità. E non è probabilmente un caso se l'autore siciliano scelse per i propri ultimi due libri - "Il cavaliere e la morte" del 1988 e "Una storia semplice" del 1989 - la forma a lui tanto cara del romanzo giallo, un genere nel quale da che mondo è mondo il poliziotto rappresenta la ricerca della verità e la difesa del bene e il criminale la pervicacia della falsità e del male. Ma nel caso de "Il cavaliere e la morte" oltre che di romanzo giallo il sottotitolo ci invita a parlare di "sotie", ovvero della ripresa di un antico genere letterario francese nel quale, sotto le mentite spoglie di buffoni, i personaggi mettono in scena una satira corrosiva della realtà sociale e politica contemporanea. E così il lettore, pagina dopo pagina, realizza di non avere di fronte un semplice romanzo giallo, ma una sorta di testamento spirituale lucido e disincantato dell'autore, che, giunto ormai alle soglie della morte (non a caso presente nel titolo), nasconde dietro l'ennesima storia di indagini e omicidi tutti i grandi temi della propria produzione letteraria, trasfigurando nelle figure del Vice e del Capo, del potente Aurispa e del Grande Giornalista i caratteri di quella tragica commedia (dis)umana chiamata Italia. "Ora, prima che di pena, più che di pena, un sentimento di sconfitta lo agitava. Si sentiva come dentro uno di quei romanzi polizieschi (...) Ci pensò per ore, come giocando un solitario interminabile in cui qualcosa sempre non andava: una carta che non trovava posto (...) Uscì di casa che calava, intrisa di nebbia, la notte." (pp. 83-84)
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