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2001 - David di Donatello - Miglior attore - Lo Cascio Luigi
2001 - David di Donatello - Miglior attore non protagonista - Sperandeo Tony
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La cosa che più mi ha sorpreso di questo film è il fatto che sia così ben recitato per essere un film italiano. La figura di Peppino Impastato poi è di quelle scomode, purtroppo perfette per ricavarne un film. Il lavoro di Giordana è una pellicola molto buona, che emoziona dove deve, ben girata e con una recitazione sorprendentemente positiva. Forse il tema mafia è stato ormai "abusato" dal cinema nostrano, che da quella bella terra che è la Sicilia sembra riuscire a ricavarne solo film sulla mafia, motivo per il quale non riesco a spingermi più di tanto con il giudizio. Ma ad ogni modo è un film che tutti devono vedere.
Se lo si guarda con gli occhiali dell'ideologia, I cento passi (che si ispira a fatti realmente accaduti, ma non è una novità) con la chiusura sulle bandiere rosse e i pugni chiusi del funerale di Impastato, potrebbe sembrare un film di propaganda. In realtà è un film di impegno civile che si assume il compito di ricordarci che la lotta a quel complesso fenomeno che passa sotto il nome di mafia non appartiene a una 'parte' ma è dovere di tutti indipendentemente dall'appartenenza politica. Marco Tullio Giordana, Claudio Fava e Monica Zapelli si ispirano a un personaggio realmente esistito e che, grazie a questo film, trova una sua giusta rivisitazione. Perché la morte di Peppino coincide con il ritrovamento del cadavere di Moro e quindi non ha alcun rilievo sui mezzi di comunicazione. Questo facilita il compito a chi, anche in campo politico, non vedeva l'ora di liberarsi di un avversario difficile da contrastare perché mosso dall'urgenza della denuncia del malaffare. Se Luigi Lo Cascio offre al suo personaggio la lucida energia di un provocatore consapevole dei rischi corre, ma non per questo disposto ad arretrare, Luigi Maria Burruano fa del padre una persona divisa in 2: da un lato il dovere di obbedienza ai malavitosi e dall'altro l'amore per quel figlio che picchierà piangendo nel momento in cui si sente da lui disonorato di fronte alla mafia. La regia da un lato mostra il clima di soggezione psicologica a cui neppure Peppino può sottrarsi (da piccolo ha avuto modo di chiedersi perché l'auto dello zio Cesare è stata fatta saltare in aria) e dall'altro la progressiva solitudine in cui il protagonista viene a trovarsi nel momento in cui quasi più nessuno lo sostiene. Ricordandoci che 'dopo' tutti sono bravi a partecipare al lutto. Dopo, però.
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