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...libro divertente e semplice da leggere. Si presta anche ad alcune riflessioni più impegnate tramite il sorriso. Stile verbale troppo “parlato”: sembra quasi di sentire la voce di Pif. Finale mediocre, mi aspettavo di meglio.
Pif sempre bravo
Sfiziosissimo!
Recensioni
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«Futti futti che Dio perdona a tutti» è il modo di dire siciliano a cui si ispira il titolo del libro, recentemente pubblicato da Feltrinelli, in cui Pif si cimenta nei panni dello scrittore e con l’efficace franchezza ed immediatezza tipica del dialetto esprime l’ipocrisia imperante di molti sedicenti cristiani, i quali sembrano contare sull’impunità per le proprie azioni convinti dell’infinita misericordia divina.
In questa sua prima prova narrativa il conduttore e regista palermitano recupera i nomi dei personaggi dei suoi film (La mafia uccide solo d’estate e In guerra per amore) e così Arturo e Flora diventano i protagonisti anche del suo primo romanzo. Un aggancio al mondo cinematografico e televisivo, inoltre, percepibile tra le pagine del libro a partire da una comicità fatta di piccoli sketch e scenette surreali e grottesche.
…che Dio perdona a tutti (186 pagine, 16 euro) è un romanzo breve che segue le vicende di un agente immobiliare trentacinquenne dalla situazione sentimentale precaria, ma che crede di aver finalmente trovato la donna dei suoi sogni quando incontra Flora. La ragazza, infatti, è proprietaria di una pasticceria ed è dunque la persona perfetta con cui condividere il suo amore, che rasenta l’ossessione, per i dolci siciliani ed in particolare per quelli con la ricotta, a cui il bianco candido della copertina del libro rinvia. Ma se l’unica fede a cui Arturo è veramente devoto è appunto quella per la pasticceria, la sua fidanzata è anche una cattolica praticante, e così inizialmente il povero protagonista cerca di nascondere il suo agnosticismo, scavando nella memoria alla ricerca di reminiscenze della sua educazione cattolica per cercare quantomeno di salvare le apparenze, finché non arriva il momento in cui la sua mancanza di fede viene immancabilmente scoperta.
Allora per far felice Flora, l’uomo decide di apportare un cambiamento, momentaneo ma comunque drastico, alla propria vita: vivere per tre settimane da vero cristiano, non semplicemente rispolverando le formule di vecchie liturgie, ma mettendo in pratica fedelmente la parola di Cristo. Arturo, che ha da sempre seguito la strategia del padre, quella della tanatosi, vale a dire nelle situazioni difficili fingersi morto per evitare lo scontro diretto, nella convinzione che non è il più forte e nemmeno il più intelligente a sopravvivere, bensì quello che meglio riesce ad adattarsi all’ambiente circostante, adesso, invece, si trasforma nel più fervente dei cattolici. I problemi però non tardano ad arrivare dal momento che il messaggio di amore e fratellanza cristiano, di cui Arturo diventa il più fedele dei seguaci, si scontra subito con la vita di tutti i giorni e ci si accorge che per buona parte dei cattolici cosiddetti praticanti la concezione di pratica cristiana si limita spesso alla forma: partecipare alle cerimonie religiose, recitare le preghiere, al massimo organizzare cene di beneficenza, non sempre disinteressate, non spingendosi quasi mai oltre questo genere di obblighi, per cercare di emulare nella quotidianità l’esempio di Gesù.
Il libro di Pif scorre veloce e leggero, divertendosi a svelare le false apparenze di molti credenti che pensano di avere la coscienza a posto, ma che in realtà piegano la religione ad una morale molto elastica, permeata di egoismo e adattata a proprio piacimento. Tutti, infatti, apprezzano chi si dimostra buono e dedica la vita al prossimo, ma finché ciò non collide con i propri interessi e comodità personali. Gli eroi vengono esaltati, ma l’amore e l’ammirazione nei loro confronti può trasformarsi in insofferenza e odio se quest’ultimi chiedono di sacrificarsi insieme a loro.
Recensione di Cettina Fontana
Pif, nella sua semplicità, ha qualcosa di geniale. Sicuramente una grande capacità di affrontare temi scomodi con una leggerezza ed una normalità in grado di arrivare a tutti. Nel parlare, nei film… ed anche nella scrittura.
Perché scomodare i dogmi della morale cattolica, come in …che Dio perdona a tutti, per salvare una storia d’amore è un esercizio tanto realistico quanto pericoloso.
Proiettatevi a Palermo. Prendete un uomo, normale ed accomodante, con una passione smodata per i dolci siciliani. Fatelo innamorare di una bella ragazza di mestiere, guarda caso, pasticcera. Immaginatelo, goffo ai limiti dell’involontariamente blasfemo, imbrigliato in una famiglia tanto cattolica e praticante da sentirsi rimproverare un’eccessiva faciloneria nel professare la propria fede. Proprio come estremo gesto d’amore, Arturo decide dunque di immergersi senza sconti nella professione di una fede pura ed inattaccabile. Per qualche settimana soltanto, un po’ per provocazione ed un po’ per sfinimento. Ecco, avete mai riflettuto su cosa significhi osservare in toto ciò che una religione predica? Un po’ come rispettare in maniera ineccepibile il codice della strada. Regole, non morale; mai sostare in doppia fila, osservare scrupolosamente i limiti di velocità… cose così. Tutto fattibile… finché non finisce con l’intralciare il nostro percorso!
Il rispetto di qualunque regola, sia essa civile o religiosa, diventa relativo a seconda delle occasioni, delle ragioni di comodo e di opportunità. E’ la natura dei compromessi, dell’interpretazione a proprio vantaggio. E chi lo fa notare diventa rompiscatole prima ancora che esempio. E, ovvia conseguenza, la forzata conversione non può che diventare origine di un fisiologico susseguirsi di disastri.
Manca solo nel titolo, prudenzialmente per stessa ammissione dell’autore, il futti-futti che rende appieno il principio generale di questo romanzo; l’idea di come la morale sia comunque posposta all’interesse personale.
Scorrono veloci le pagine di questo libro, con un susseguirsi di personaggi ambigui, simbolo di quest’Italia e delle sue contraddizioni. Linguaggio meravigliosamente semplice che lascia spunti di riflessione e, non secondario, un’insostenibile desiderio di partire immediatamente per andare a tuffarsi in una pasticceria siciliana ed ingozzarsi fino alla nausea.
Peccati di gola …che Dio perdona a tutti.
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