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Indice
PROLOGO
Adesso ti è uscito il sogno. Così diceva mia madre a noi bambini quando abitavamo in Irlanda e un nostro sogno si realizzava. Il sogno che facevo io in continuazione era quello in cui arrivavo con la nave nel porto di New York e guardavo ammirato i grattacieli. Quando lo raccontavo, i miei fratelli mi invidiavano la notte passata in America, finché un giorno non cominciarono a raccontare anche loro di aver fatto quel sogno, sapendo che era un sistema sicuro per mettersi in mostra anche se poi litigavamo e io dicevo che il più grande ero io, che il sogno era mio e guai a loro se ci entravano. Loro ribattevano che non avevo il diritto di tenerlo tutto per me, che di notte chiunque poteva sognare l'America e io non potevo farci niente. Potevo farli smettere, rispondevo io. Potevo tenerli svegli tutta la notte così non avrebbero sognato un bel niente. All'idea di me che andavo dall'uno all'altro tentando di interrompere i sogni sui grattacieli di New York, Michael, che aveva appena sei anni, se la rideva. Malachy diceva che i suoi non potevo toccarli perché lui era nato a Brooklyn e se voleva poteva sognare l'America tutta la notte e anche di giorno. Allora feci appello a mia madre. Le dissi che non era giusto che la famiglia mi invadesse i sogni ma lei sbottò: Per amor di Dio, pigliati il tè e va' a scuola, così la pianti di darci il tormento coi sogni. Mio fratello Alphie, che aveva solo due anni e stava imparando a parlare, si mise a battere il cucchiaio sul tavolo cantilenando: Tommento coi soni, tommento coi soni, e tutti quanti scoppiammo a ridere. E io mi resi conto che avrei sempre potuto dividere i miei sogni con lui e quindi perché non con Michael, e perché non con Malachy?1
Quando La Quercia d'Irlanda salpò da Cork nell'ottobre del '49, pensavamo di arrivare a New York nel giro di una settimana. Ma dopo due giorni di viaggio ci informarono che saremmo andati a Montreal, in Canada. Io avevo solo quaranta dollari, dissi al primo ufficiale, per caso la Irish Shipping mi avrebbe pagato il biglietto del treno da Montreal a New York? No, rispose lui, la società non era responsabile. Le navi da carico, aggiunse, sono le puttane del mare, farebbero di tutto per tutti. Un cargo è come il vecchio cane di Murphy, che fa un pezzo di strada con qualunque vagabondo. Un paio di giorni dopo la Irish Shipping cambiò idea e ci diede la bella notizia: Andate a New York, ma dopo un altro paio di giorni annunciò al capitano: Andate a Albany. Il primo ufficiale mi raccontò che Albany stava sul fiume Hudson ma più a nord, che era la capitale dello Stato di New York e che aveva tutto il fascino di Limerick, ah ah ah, una città ottima per creparci ma non per trovarci moglie né per crescerci un figlio. Lui era di Dublino e sapeva che io ero di Limerick e quando parlava male di Limerick io non avevo idea di come comportarmi. Avrei tanto voluto distruggerlo con una battuta fulminante ma poi mi guardavo allo specchio, faccia brufolosa, occhi infiammati e denti e marci, e capivo che non sarei mai riuscito ad affrontare nessuno, specie un primo ufficiale in uniforme con un promettente futuro di comandante. Poi però mi dicevo: Ma perché dovrei prendermela per quello che la gente dice di Limerick se Limerick non mi ha dato altro che infelicità? Allora succedeva un fatto singolare. Me ne stavo seduto su una sedia a sdraio sotto un bel sole d'ottobre con l'Atlantico blu e meraviglioso tutt'intorno e cercavo di immaginarmi New York. Cercavo di figurarmi la Fifth Avenue o Central Park oppure il Greenwich Village dove parevano tutti divi del cinema, abbronzature favolose, denti bianchi smaglianti. Ma Limerick mi ripiombava nel passato. Invece di andarmene a zonzo per la Fifth Avenue con l'abbronzatura e i denti, stavo ancora nei vicoli di Limerick con le donne che chiacchieravano sulla porta di casa avvolte nello scialle, i bambini con la faccia sporca di pane e marmellata che giocavano, ridevano e andavano a piangere dalla mamma.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Dopo aver letto Le ceneri di Angela non si può non leggere questo romanzo. Qui siamo in America dove l'autore prosegue la propria autobiografia in un nuovo contesto. Anche in questo secondo volume emerge la difficoltà, per chi deve partire dal basso, di vivere dignitosamente. Qui la speranza di riuscire ad emergere è più concreta ma nulla è regalato. Lo stile non cambia, a mio parere, un bellissimo libro.
Premetto che per apprezzare questo libro è imprescindibile aver letto il suo precedente, Le ceneri di Angela. È un romanzo molto bello, che prende avvio con lo sbarco in America di McCourt proprio lí dove ci aveva lasciato ne Le ceneri di Angela, e prosegue nel raccontarci i bizzarri (e spesso tristi) episodi, personaggi e luoghi che hanno caratterizzato la sua vita. Consigliatissimo!
Un bellissimo libro. Chi non l'ha apprezzato evidentemente non è adatto a questo genere e fa meglio a leggere qualcos'altro, perchè dove si possa trovare una lettura più piacevole e simpatica di questa, capace di non farti pesare le pagine che scorrono una dietro l'altra e di calarti completamente nella realtà del narratore, tanto da fartelo sembrare una persona in carne ed ossa che ti sta seduta accanto, non lo so! Me lo leggo in macchina, nella pausa pranzo, nonostante l'abbia già letto due volte e lo trovo di grande compagnia; senza poi contare che offre molti spunti di riflessione e che invita a far apprezzare le cose che si hanno, ma anche i sacrifici che si fanno ogni giorno. L'unico dispiacere è che non ci sia stato un seguito.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
La vocazione letteraria di Frank McCourt è stata tardiva ma ha riservato all'ex professore di liceo in pensione un immediato e grandissimo successo. Quanti hanno letto con coinvolgimento e partecipazione il racconto della sua "infanzia infelice, irlandese e cattolica", immortalata nell'ormai celeberrimo Le ceneri di Angela, ne attendevano da tempo il seguito.
Ad accontentarli giunge ora un secondo romanzo autobiografico, in cui McCourt, premio Pulitzer '97, riprende il racconto della sua vita dal momento esatto in cui lo aveva interrotto nelle ultime pagine del libro precedente: la partenza per l'America. In questo continente, che già popolava i suoi fervidi sogni di bambino, il diciannovenne Frank dovrà passare di scoperta in scoperta, di sacrificio in sacrificio, di lavoro provvisorio in occupazione precaria per giungere infine a guadagnarsi una laurea, diventare insegnante, sposare una giovane coetanea americana e avere una figlia. Caratterizzato da uno stile intenso e inconfondibile, Che paese, l'America è un romanzo di formazione intriso di sentimenti forti e coinvolgenti, un libro di intensa umanità. Il senso di riscatto dal dolore e dalle umiliazioni patite durante gli anni irlandesi è protagonista in ogni pagina e trova il suggello definitivo nel finale in cui, dopo la morte del padre e della madre Angela, trasferitasi a New York, le ceneri della donna vengono riportate in patria dal figlio, per il riposo eterno.
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