Il cielo sopra Roma

Con l'assoluta complicità di sei personaggi irresistibili ed emblematici, Stefania De Angelis compie un incredibile volo letterario in cui sublima il momento supremo della morte in un istante ipnotico, dove le finestre temporali sembrano annullarsi, il cielo assurgere a complice di un indolore distacco e la vita finalmente prendere forma in una dimensione, adesso si, più consapevole. C'è tutto un universo che prende forma in queste pagine. Un universo senza distinzioni di sorta, senza diaframmi di difesa, coinvolgente, appassionato, vero. Questo cielo, che per una volta non incombe sulla città, è solo una sua ideale continuazione. In questo senso, particolarmente illuminanti sono le parole della scrittrice in un momento chiave dell'opera: " Non è più così importante che Balihar sia indiano, e Andrea ebreo e adolescente, e Pamela tossicodipendente, e Sara una cervellona. " E in questa sconfitta del pregiudizio, delle catalogazioni fini a se stesse, il culmine della rivelazione poetica: " Il colore della pelle, la cultura, l'aspetto fisico perdono i loro contorni, sfumano, alludendo a una sostanza comune che solo disgregandosi e riaggregandosi liberamente, può dar forma a una nuova unicità." Sono momenti chiave dell'opera, in cui l'autrice acciuffa i suoi personaggi tutti insieme e, mentre le loro fisicità sembrano frammentarsi, la scrittura assume tutta la sua potenza espressiva. Come Hitchcock e Kubrick facevano a meno del dialogo nelle sequenze più emozionanti, Stefania De Angelis tralascia lo svolgimento stereotipato del racconto e, lontana dai luoghi comuni dei contemporanei scrittori dell'ultima ora, si confessa davanti ad uno specchio dove al di là ci siamo noi, seriamente intenzionati stavolta a lasciarci prendere per mano. Remigio PAPAVERO