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Ci sono romanzi che non vorresti finissero mai, non tanto perché la trama coinvolge talmente che non ci stufa di proseguire la lettura, piuttosto perché ancora ci sono molte cose che devono essere fatte e dette. Il Pickwick è uno di questi romanzi. Sebbene sia lungo più di mille pagine, alla fine del libro ci si accorge che altre mille pagine non sarebbero state fuori luogo, anzi, avrebbero reso più compiuta questa piccola enciclopedia di pickwickiani, gente davvero strana e divertente per intenderci. Sì perché una trama vera e propria manca, siamo difatti di fronte a un florilegio di persone improbabili e fatti comicissimi, il tutto unito dalla magistrale penna di Dickens che proprio non è in grado di rendere pesante la lettura. Ogni singolo personaggio meriterebbe un approfondimento a sé, così come ogni singola situazione. Non il tipico Dickens comunque, ma sicuramente un Dickens in grande forma. Lo consiglio.
Questo primo libro di Dickens, pubblicato a puntate nel 1837 è veramente un “work in progress”, perché la trama si arricchisce gradualmente con episodi e personaggi spesso indipendenti e non sempre consequenziali tra loro. È certamente un romanzo di formazione per adulti che spazia con brio e freschezza attraverso la stupidità umana, ora mettendo in cattiva luce , con satira bonaria ma brillante, la stampa, la classe degli avvocati, dei medici, i circoli letterari, le attività venatorie e tutto quello che si può incontrare in una società, legata da convenzioni e perbenismo . È una officina di comicità, che passa dalla parodia raffinata al gioco degli equivoci. Rimangono comunque ben fissi i principali protagonisti : Mr Pickwick, Tupman, Snodgrass, Winkle le cui figure non sono comunque esenti da una benevola ironia. L’unico personaggio che sfugge il ridicolo è Sam Weller, cui spetta sempre l’ultima parola ma anche la morale della favola. I suoi interventi sono genuini, immediati e di buon senso perché lui è lontano dall’ ipocrisia e delle convenzioni sociali.
Per me questo è il grande romanzo di Dickens. Non ha molto a che vedere con le storie più o meno patetiche (che comunque io amo) dei personaggi dei suoi altri romanzi (ad esempio Oliver Twist, Tempi difficili, Grandi speranze, Nicholas Nickelby e via dicendo). È un romanzo divertente e genuino. Magari ne avesse scritti di più di questo genere!
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