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Molto originale la costruzione della storia fatta da epistolari e missive fra i diversi personaggi
Giusto il tempo di onorare con una doverosa lettura la scomparsa del Maestro e tentare un saluto nel morso di una dedica. I giorni sfumano senza senso davanti alla grandezza di un'esperienza umana, le pagine restano vive e robuste come vogatori che continuano il viaggio. Nessun tremore. Stima e affetto erano già incise a piombo sulla parte respirante delle cose; che adesso una sia tramontata verso un altro cielo, annulla pochissimo nel canto di un incontro. Chi legge scrive anch'egli quel che legge, lo scrive coi suoi occhi; il legame dunque, la corrispondenza (qui è il caso di dirlo con schietta esattezza) non si dicono addio. Mentre Pippo Genuardi aspetta con ansia febbrile che gli concedano una linea telefonica, si scopre né più né meno che la claudicante esistenza di questo Paese - tema consumatissimo nell'opera di Camilleri - inghippi e incagli di una burocrazia zotica, furfantesca, mai paga dei propri egoismi folli, al punto che ce la fa prima a risolvere ogni spina il faccendiere di turno rispetto all'ordinario corso delle carte. Il tutto in un gioco epistolare raffinatissimo, scandagliato con precisione rara nella mescolanza fra uffici e lenzuola, dialoghi di cruda vivezza e minacce personali per niente piccole. Inutile ripetere e sottolineare la prorompente forza della lingua nel giro della trama: il firticchio (la voglia...), una cosa 'sgherzevole', sbiquo (per dire ubiquo), svacantare la damigina (bere moltissimo), fino ai vertici da Devoto/Oli della carta d'indintinintà. Niente da fare, quella richiesta si dilata fra prefetture e commissariati, fra nevrosi disarmanti e doppi sensi, fra confusioni di nomi e vendette dietro l'angolo.Una semplice linea telefonica, seppur non oggi ma nel 1891: "Non gli sto domandando lo sticchio di sua sorella" dirà il buon protagonista. E tuttavia il suddetto sticchio è proprio il centro motore del romanzo. Il resto è da leggere. Solo gratitudine a questo genio della letteratura. E carezze ai suoi libri.
Il primo libro che ho letto di Camilleri e che ora acquisto per regalarlo ad una amica perchè mi ha divertito moltissimo soprattutto per le analogie con l'attuale sistema burocratico. L'ironia dell'autore induce alla lettura del libro tutta d'un fiato.
Recensioni
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"L'errore giudiziario, o Signori, è il pericolo tremendo che incombe su ogni processo. La domanda che attaglia il cervello, il cuore, il sentimento di ogni uomo che esercita la Giustizia e fa insonni le sue notti è sempre uguale: sto io fallando?"
La descrizione di un'Italia di fine Ottocento, la cui unità risale ad una trentina d'anni appena, e di una classe dirigente che deve governare in un paese imprevedibile ed eterogeneo in cui le varie gerarchie del potere risentono ancora di una burocrazia farraginosa e giudicano per antichi preconcetti. Chi viene preso nelle maglie dell'amministrazione rischia di non venirne più a capo. Anche perché gli amministratori rasentano spesso la follia, nel vero senso della parola.
Come racconta l'autore, l'ispirazione della storia arriva dal ritrovamento di un decreto ministeriale per la concessione di una linea telefonica privata. "Il documento presupponeva una così fitta rete di più o meno deliranti adempimenti burocratico-amministrativo da farmi venir subito voglia di scriverci sopra una storia di fantasia"..
Divertente e appassionante sin dalle prime righe, questo romanzo di Camilleri dimostra subito quale sarà lo spirito della storia. L'inizio è rappresentato da uno scambio epistolare svoltosi fra alcuni personaggi di Vigàta, l'immaginario paese siciliano assolutamente rispondente alla realtà in cui l'autore ambienta abitualmente le sue storie. Le lettere hanno un accento assai diverso, a seconda del destinatario: confidenziali, quasi volgari quelle tra amici, pompose e deferenti quelle rivolte alla pubblica amministrazione. Molto divertente quella di Vittorio Marascianno, prefetto di Montelusa, al suo amico e collega Arrigo Monterchi, questore nella medesima cittadina, nella quale vengono riassunti gravi fatti personali attraverso un codice numerico, di cui deve essere necessariamente edotto anche il destinatario della lettera, previo non comprendere assolutamente nulla: un codice composto dai numeri della smorfia.
Filippo Genuardi, cittadino di Vigàta, inoltra una richiesta per la concessione di una linea telefonica, ma "L'iter della pratica di concessione governativa per una linea telefonica ad uso privato, vale a dire non commerciale, è in genere abbastanza lungo e laborioso, abbisognando tutta una serie di informazioni e di rilievi preliminari"....
Il richiedente è un appassionato dei nuovi strumenti messi a disposizione dal progresso tecnico. Possiede un quadriciclo a motore "Phaëton" della ditta Panhard-Levassor (di cui esistono solo tre esemplari in tutta Italia) e una macchina parlante e cantante, "phonograph Edison": manca il telefono. Ma il suo amore per il progresso suscita sospetti; non è "normale", cosa nasconderà? Sarà forse un affilliato di quella setta di "senza Dio, senza Patria, senza Famiglia, senza Dignità, senza Decoro, senza Onestà, senza Arte né parte che si ispirano all'ateismo e al materialismo"? Scatterà un'indagine con implicazioni anche drammatiche sino a un finale davvero imprevedibile.
La scrittura è quella abituale, che ha fatto parlare molti critici di capolavoro. Il valore della lingua d'origine, zeppa di termini e inflessioni dialettali, viene riscoperta in modo magistrale da Camilleri, che la adatta a una narrazione, di fatto non facile, di un evento scarso di pathos, trasformato proprio dal linguaggio in una storia curiosa dall'andamento travolgente.
A cura di Wuz.it
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