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Un capolavoro. Invito l'editore,con questa breve recensione, di sol due parole(un capolavoro)a prodigarsi per altre edizioni delle opere sconosciute di De Larra.
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Mariano José de Larra (1809-1837) è uno dei più significativi rappresentanti del romanticismo spagnolo. La sua formazione risente in primo luogo dell'influenza familiare. Il padre, un medico di idee illuministe che aveva collaborato con l'esercito bonapartista, venne esiliato dopo il 1813. Così il futuro scrittore ricevette la sua prima istruzione in Francia e, anche dopo il ritorno in patria, nel 1818, rimase legato alla cultura francese. Nella sua breve ma intensa carriera, più che opere di immaginazione (al suo attivo un dramma e un romanzo), praticò soprattutto il giornalismo. Capace di mescolare la raffigurazione letteraria all'invettiva civile, nei suoi articoli le contraddizioni e le arretratezze della Spagna del tempo trovarono una voce di denuncia scevra da conformismi. Questo libretto raccoglie due articoli relativi alla pena di morte. I due interventi danno al tempo stesso una chiara idea della visione del mondo di Larra e forniscono un buon esempio della sua gamma espressiva. Nel primo pezzo la cronaca di un'esecuzione capitale serve per una riflessione etica sull'assurdità di quella che più che una pena è una vendetta della società. Ancora più significativo è il secondo articolo, nel quale la vicenda di un taglieggiatore è presa a emblema della disparità di trattamento che la giustizia commina a seconda dell'appartenenza sociale. Il duello, tollerato per i nobili, diventa motivo di condanna a morte nel caso di due barateros. La figura di Larra è presentata esaurientemente nel saggio introduttivo del curatore, mentre la nota finale fa il punto sulla situazione della pena di morte nel mondo e sui suoi risvolti etico-filosofici.
Maurizio Griffo
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