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Anno edizione: 2013
Anno edizione: 2007
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Prego astenersi lettori che non amano romanzi sperimentali, a più voci con due o più filoni narrativi che si intrecciano. Prego invece avvicinarsi gli addetti ai lavori di bozze (il ritratto della professione è quanto mai veritiero e impietoso) perché troveranno pane per i loro denti e per chi ama romanzi dalla struttura complessa e sfidante. Il testo di Recami è un ottimo congegno che sfrutta il genere giallo come scusa per smontare e analizzare le regole del gioco, in modo mai banale e dalla prospettiva di un frustrato e consumato correttore.
Stavolta è dura. "La signora rimase sorpresa dalla profferta di quel ragazzo moro nel supermercato, perchè mai, mai, si sarebbe aspettata di essere abbordata in quel modo" (p. 13, incipit del primo capitolo) "Nella sua stanza fredda il correttore di bozze rabbrividì di disgusto e di indignazione." (p. 21, incipit del secondo capitolo) E fin qui non è difficile: "Il correttore di bozze" si rivela sin dalle prime pagine il classico romanzo doppio, nel quale cioè due storie, dopo un inizio separato, finiscono via via con l'intrecciarsi. In questo caso la prima storia è il testo delle bozze di un romanzo giallo commerciale di basso livello, la seconda il resoconto del lavoro di correzione delle stesse da parte di un correttore di bozze esperto, ma ormai sulla via della (para)noia. Ed è proprio in quest'ultimo elemento che vanno a mio avviso ricercati tanto la giusta chiave di lettura del libro quanto il rischio al quale l'autore si è esposto: quello di non essere compreso se non da pochi lettori. Già, perché, se nella prima parte del romanzo prevale la prima storia - scritta in un italiano facile e volutamente volgare come troppo spesso avviene nei libri destinati a un pubblico ampio - che affascina come ogni poliziesco, nella seconda a farla da padrona sono le riflessioni del correttore di bozze, che, dapprima lucide e rigorose, scivolano pagina dopo pagina verso una sorta di flusso di coscienza nel quale la ragione e il delirio si scambiano continuamente di posto, ciò che fa perdere la strada a un lettore poco smaliziato. Insomma, come avrebbe detto Ungaretti, si tratta di un libro come quelli di Callimaco: cento lettori al secolo, ma che lettori...! "Il correttore si riscosse mentre la sua mente era invischiata in questi pensieri rancorosi. La sua mattinata di lavoro era ormai trascorsa, era stata pesante, dopotutto. E umiliante sotto diversi aspetti." (p. 154) Mattone illeggibile o raffinato capolavoro? Forse entrambe le cose: dipende dal lettore.
Uno dei libri più inutili che abbi mai letto. Macchinoso, senza senso, trama inesistente... comunque vedo che non sono l’ unica a pensarla così. Risparmiate i vostri soldi
Recensioni
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Il primo capitolo del nuovo romanzo di Recami inizia con il racconto d'una vicenda alquanto squallida: all'uscita di un supermercato Lucilla, matura donna coniugata, accetta l'offerta di una prestazione sessuale da parte di un gigolo, il cui vero obiettivo è far fotografare l'amplesso da un complice, a scopo ricattatorio. Tuttavia la storia non solo sembra rifarsi alla più vieta stereotipia della narrativa trash e pulp, ma tipograficamente presenta un numero esorbitante di refusi. Se ne accorgerà infatti ben presto, nel secondo capitolo, il "correttore di bozze" incaricato di correggere il testo sulle disavventure di Lucilla, rabbrividendo "di disgusto e di indignazione".
Si intrecciano quindi all'interno del libro due filoni romanzeschi: quello del racconto sull'improvvida signora e quello, solo all'apparenza metanarrativo, intorno al correttore di bozze e alle sue considerazioni riguardo alla prosa su cui lavora e allo stato dell'arte relativamente a scrittura e mondo editoriale. Invece sempre di narrativa si tratta, poiché le riflessioni che Recami fa esprimere al suo protagonista (o, se vogliamo, deuteragonista) non sono saggistiche, ma fanno parte di una smaliziatissima fabula ancipite che, con molta ironia, mette alla berlina un certo modo cialtronesco di porsi da parte di troppi autori e/o editori: insofferenti riguardo alla stigmatizzazione delle loro pecche letterarie, i primi, disinvolti rispetto alla scarsa qualità dei propri libri, i secondi.
Vanno dunque alternandosi i capitoli delle due vicende parallele; ma via via che le pagine scorrono al correttore par di adocchiare segnali inquietanti fra le righe delle bozze da vagliare: i refusi, anzi gli errori smaccati aumentano sempre più. Ma quel che è peggio, lui non si capacita di certe opzioni dell'autore: i personaggi risultano poco credibili e, ciò che maggiormente lo turba, vi sono incongruenze e ambiguità a ogni piè sospinto. Il correttore è tentato di modificare o cassare parti del testo e si trattiene sempre più a fatica. Sorge pian piano in lui una sorta di mania di persecuzione: non saranno quegli sbagli pedestri una trappola tesa a lui per accusarlo d'incompetenza e cacciarlo?
Così, con la scusa di raccapezzarsi tra le bozze di una prosa spuria, caotica e depistatrice, il correttore e Recami stimolano sempre più chi legge a proseguire questo testo smaliziato e intrigante. E perciò, paradossalmente, il romanzo funziona nonostante anzi proprio grazie a errori, paranoie, travisamenti e reiterate sospensioni/procrastinazioni di due storie che alla fin fine diventano (o meglio sono sempre state) una sola; con il correttore che si fa autore, mimando pure lui la narrativa trash nell'inventarsi trame spassosamente truculente, fra efferatezze, pornografia e sadismo. Però è solo un gioco letterario, una garbata presa in giro di certi romanzi che strizzano l'occhio alla morbosità dei lettori. "Ma che ci vuole a spararle grosse?" è il commento lapidario del correttore, che giustamente irride ai mezzucci con cui certa narrativa contemporanea ricorre, pur di conquistare visibilità.
Date le premesse, come si potrà immaginare, il finale di questo insolito romanzo nel segno dell'originalità stilistico-espressiva è privo di una vera cesura conclusiva, che semmai si pone come una sospensione o un rimando. Al correttore, che non ha ancora terminato di leggere le sue bozze, e pure al lettore affinché immagini lui stesso, se vuole, una fine consona a questa narrazione così vivace e intelligente. Francesco Roat
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