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Dove eravamo rimasti? Aver letto Immersione, il precedente romanzo di Christophe Ono-dit-Biot, pubblicato da Bompiani, aiuta certamente il lettore a immergersi meglio nelle pagine di quello che può considerarsi un sequel. In Credere al meraviglioso (224 pagine, 17 euro), edito ancora da Bompiani, tradotto da Bérénice Capatti, César (sorta di alter ego dell’autore francese) fa ancora i conti con la morte di Paz, riparte da quello strazio e abbraccia l’antichità, miti eterni dalla forza immutata, per rinascere. La resurrezione passa anche dall’incontro con Nana, che studia Architettura, diventerà sua vicina, è greca e ama con lui mitologia e autori classici. Sarà lei – che di lui, misteriosamente, conosce molte cose – ad aiutarlo anche a riscoprirsi padre di un figlio mai chiamato per nome.
Ono-dit-Biot, insegnante di lettere prima d’essere giornalista e scrittore, predica ottimi pensieri, su tutti che bellezza e cultura possono contrapporsi alla sofferenza, anche quella più grande, da vivere e da affrontare, senza rimuoverla. Servono anche libri così (forti e lirici, non buonisti, balsamo per il cuore e per la testa) per ripartire. Zero emozioni e pensieri, Ono-dit-Biot costruisce un personaggio poco più che quarantenne che, inizialmente, ha perso speranza in tutto e pensa anche a togliersi la vita. L’umanità però non l’ha abbandonato, come dimostra la prima scintilla dell’incontro con l’enigmatica Nana, che finirà per chiedergli e ottenere in prestito La Teogonia di Esiodo.
È un’estate di rinascita, in cui l’uomo si riscopre, fa i conti con il lutto e le inquietudini che ne conseguono, impara a costruire un rapporto col figlio, conclude, ripensando alla fine della moglie spagnola che «non ero Orfeo, e nemmeno Orfeo, comunque, era riuscito a riprendersi Euridice. Per il semplice motivo che i morti sono morti. Non li si riprende». E alla moglie, ritrovata senza vita su una spiaggia, si rivolge direttamente: «… voglio che tu capisca, Paz, ricomincio a vivere, devo farlo, per me, per nostro figlio. Voglio provarci, lasciami guidare, è come un medico questa ragazza, una persona che ucciderà la malattia e mi rimetterà in piedi. Un’amica, se preferisci. Un’amica ragazza. Se deve succedere qualcosa, sì, succederà. O così, o muoio».
Recensione di Arturo Bollino
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