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La crisi dell'impero vaticano. Dalla morte di Giovanni Paolo II alle dimissioni di Benedetto XVI: perché la Chiesa è diventata il nuovo imputato globale - Massimo Franco - copertina
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La crisi dell'impero vaticano. Dalla morte di Giovanni Paolo II alle dimissioni di Benedetto XVI: perché la Chiesa è diventata il nuovo imputato globale - Massimo Franco - copertina
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Descrizione


Le clamorose dimissioni di Benedetto XVI avvengono alla fine di una lunga sequenza di scandali che hanno travolto il Vaticano dalla morte di Giovanni Paolo II a oggi. Un Vaticano spinto quasi a forza dalla parte opposta di un simbolico confessionale. Costretto a difendersi, a confessare "peccati" veri e presunti. E non solo davanti a se stesso ma anche ai suoi fedeli disorientati, al tribunale dell'opinione pubblica occidentale e a quello delle istituzioni finanziarie internazionali. La Chiesa, "maestra di vita" per antonomasia, rischia di essere confinata dalla propria crisi di identità nella posizione scomoda e inedita di "imputato globale". Gli scandali e i veleni che hanno toccato alcune delle persone più vicine a Benedetto XVI sono dunque percepiti come il sintomo di una decadenza allarmante. Al punto che fra gli avversari si parla del Vaticano come di un "secondo Cremlino", destinato alla stessa rovinosa caduta dell'impero sovietico dopo la guerra fredda. Massimo Franco analizza le cause profonde e le implicazioni di un affanno emerso con il tramonto della Seconda Repubblica berlusconiana, legata alle gerarchie ecclesiastiche da una lunga alleanza di fatto: una stagione da cui il cattolicesimo politico riemerge diviso e debole, dopo avere cercato invano di ricompattarsi.
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Dettagli

2013
27 febbraio 2013
139 p., Rilegato
9788804625506

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Roger
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Un libro che mette bene in evidenza come la chiesa, intesa come gerarchia romana, stia vivendo qualche difficoltà.

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La recensione di IBS

Alle ore 11.41 dell’11 febbraio 2013 Papa Benedetto XVI ha annunciato le sue dimissioni. Poche frasi pronunciate davanti al Concistoro dei Vescovi nella lingua ufficiale della Chiesa che hanno immediatamente fatto il giro del mondo e scioccato tutti. Laici o religiosi, cattolici o non credenti, nessuno ha potuto ignorare il gesto estremo di Joseph Ratzinger. Sin da subito ci si è interrogati sulle ragioni e sul senso profondo della sua scelta: il venire meno delle forze necessarie a governare la barca di San Pietro addotta come unica motivazione della rinuncia non ha convinto. Si è parlato di malattia, di complotto, di decisione imposta, ma Benedetto XVI ha sempre ribadito di aver deciso in piena libertà e consapevole della gravità del suo gesto. Perché allora?
Gli eventi che hanno scosso recentemente i palazzi vaticani, il tradimento del maggiordomo personale e la fuga di notizie riservate che hanno toccato Ratzinger in prima persona; la controversa vicenda dello Ior, insieme allo scandalo dei preti pedofili, hanno sicuramente contribuito alla decisione di Bendetto XVI. Tuttavia, questi sono solo gli indici più superficiali e visibili di una crisi molto più profonda e radicata.
Nei quasi otto anni del suo pontificato Benedetto XVI non ha mai cessato di denunciare il male interno e esterno alla Chiesa, ha cercato di risolvere i problemi che di volta in volta si presentavano, proponendo riforme in direzione di una maggiore trasparenza e immediatezza, senza tuttavia riuscire ad attuarle: le gerarchi erano troppo restie al cambiamento e la Curia troppo ancorata al passato, così le lotte interne e il desiderio di potere hanno ostacolato le azioni necessarie. Il risultato è che la Chiesa è incapace di stare al passo coi tempi, di farsi portavoce di un Occidente sempre più multiculturale, multietnico e soprattutto multi religioso, dimostrandosi poco credibile e inadeguata alle urgenze della contemporaneità.
Le dimissioni di Benedetto XVI sono dunque destinate a lasciare il segno per una ragione che è anzitutto storica. La rinuncia di un pontefice stanco e affaticato rappresenta infatti, per sineddoche, il fallimento dell’istituzione di cui è egli a capo: è come se, nel riconoscere il venire meno del vigore necessario ad amministrare il suo compito, Ratzinger avesse ammesso per la prima volta pubblicamente gli errori della Chiesa e i peccati dei suoi uomini. In tal modo il mea culpa personale assume il significato di un’assunzione di responsabilità molto più ampia, un gesto di estrema umiltà ma anche di grande generosità, nella speranza forse di vedere attuata da altri la palingenesi necessaria alla salvezza della Chiesa.
Se lo Stato vaticano (che si serve ancora del latino come lingua viva) non si è reso conto che da tempo era morto a se stesso e al mondo, Joseph Ratzinger invece sì: rimasto inascoltato, il suo grido di denuncia ha finito per implodere e sfociare in una decisione dolorosa ma inevitabile.
Nella La crisi dell’impero Vaticano, Massimo Franco, inviato e notista politico del “Corriere della Sera”, ricostruisce in maniera dettagliata e attenta gli ultimi anni di storia della Chiesa, dalla morte di Giovanni Paolo II fino alle dimissioni di Benedetto XVI, mettendo in evidenza i retroscena nazionali e internazionali che hanno portato alla crisi irreversibile di un impero millenario.

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