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recensione di Lamberti, M.M., L'Indice 1989, n. 9
Accettando di recensire la traduzione italiana della raccolta di scritti di Apollinaire, edita nel 1960 da Gallimard a cura di L.C. Breunig, mi chiedevo il senso di questa riproposta, incuriosita dalla mole del volume e dai problemi che la lettura di recensioni puntuali a mostre d'arte (un genere letterario anch'esso, da Diderot a Baudelaire, Zola, Fén‚on) pone, quando si rivolga a un pubblico diverso per tempo e lingua, incapace perciò di cogliere allusioni e sfumature, e di mettere in relazione nomi ed opere. Una prima occhiata all'apparato iconografico mi lasciava perplessa: accanto ad un inatteso regalo (la riproduzione delle illustrazioni a "I pittori cubisti", ma il testo non è riproposto in questa raccolta), la banale scelta di ritratti dell'autore, saccheggiati dall'"Album Apollinaire" della Pléiade ed enfatizzati da quel ridottissimo formato documentario alla pretesa della piena pagina, e quindi sfocati, sgranati o pesantemente ritoccati per reggere all'ingrandimento. Così il ritratto di copertina, riportato in doppia pagina all'interno, sembra la grottesca vestizione del poeta in almèa di un bordello mediorientale, appesantendo (involontariamente) la decifrazione della foto così come si trova nell'edizione Pléiade a pag. 128, dove la si data 1909 (e non 1911) e si spiega il travestimento nei panni della 'bas-bleu' Louise Lalanne, pseudonimo assunto in quell'anno da Apollinaire, quasi un'anticipazione del doppio Duchamp-Rrose-Sélavy.
Ma questi sono dettagli, a fronte di una verifica della traduzione che immagino rivolta a un lettore non francofono, e quindi destinata, nelle intenzioni dell'editore, a sostituire la lettura dei testi originali. Se però la traduttrice può non avere altra colpa che l'ignoranza di nomi e questioni dell'arte contemporanea, compito dell'editore e del curatore era sorvegliarla prima della stampa. Un primo confronto degli articoli più scottanti e cioè le recensioni del 1912 ai futuristi arrivati a Parigi, è sconcertante: Apollinaire che gioca tra italiani e francesi, futuristi e cubisti, pesa le parole ed usa il gergo degli 'ateliers', in cui le sfumature di significato rimandano a precise e concrete verifiche sulle opere.
Così "des synthèses qui ne se traduisent point plastiquement" sono qualcosa di più e di diverso da "sintesi che non si esprimono plasticamente" e se nel quadro del "Pan-pan à Monico" di Severini "le mélange optique des couleurs ne s'y faisant point" si traduce con "non raggiungendo la mescolanza ottica ", si sostituisce a una precisa volontà di non fare, la deprecazione di un'incapacità di arrivare a questa tecnica. D'altra parte se per variare la monotonia di tre riferimenti consecutivi a Picasso la traduttrice si permette di sostituire al cognome l'espressione "il grande pittore", intromette un pesante giudizio qualitativo, che Apollinaire avrebbe certo sottoscritto ma che allora non scrisse (non a caso). Queste prime notazioni, tralasciando sfumature come 'défault'/imperfezione, 'prétendent/'vogliono, 'extrˆmes'/ultime, 'empruntés'/improntati, riguardano la sola pagina 184. Procedere sgomenta: alla pag. 185 l'inizio dell'articolo del 9 febbraio 1912 ("Marinetti veut jouer de notre temps en Italie le rôle... ") diviene un perentorio: "Marinetti esercita attualmente in Italia", riconoscendogli come realtà quella aspirazione, non priva di malignità, ad essere un nuovo san Francesco. Di sfumatura in sfumatura, si va giù pesante: 'monuments'/ componimenti, 'effort'/impegno, 'restauration'/ rinnovamento, o un imperfetto ("l'Italie était tombée pour les arts derrière la France") mutato in un deciso: "L'Italia è precipitata ora". Un colpo al cerchio e uno alla botte se alla stessa pagina 185, documentando una buona conoscenza etimologica, il reciso "leu r inspiration était imbécile" sfuma in "la loro ispirazione era debole" (ma a pag. 186 il commento a un passo dei futuristi "C'est imbécile... " si rafforza invece nell'epiteto sonoro: "Imbecilli...".
Possono considerarsi sottigliezze i condizionali tradotti con futuri, a proposito della celebrità dei futuristi ('deviendrait'/rimarrà)? Ma certo sono grottescamente imperdonabili traduzioni alla seconda potenza, quando la Croci rende in italiano il francese con cui Apollinaire traduce i testi futuristi, n‚ ha cura di verificare la sua traduzione sugli originali italiani, ormai disponibili in infinità di pubblicazioni. Ecco i futuristi dunque scagliarsi "contre le règne des professeurs, des archéologues, des 'brocanteurs' et des antiquaires" e cioè, alla pag. 186, "contro il dominio dei professori, degli archeologi, dei 'burocrati' e degli antiquari", ma soprattutto alla pag. 187 due notissimi quadri di Boccioni, "La strada entra nega casa" e "La retata", diventano il nostalgico "La strada che porta in casa" (dal francese "La Rue entre dans la maison*!) e addirittura "Il raspo", inatteso soggetto da vinattiere, motivato dall'equivoco tra "La Rafle", come traduceva giustamente Apollinaire, e "Le Rafle", come legge evidentemente la Croci, punta da smanie di 'lectio difficilior'.
A questo punto si ha difficoltà a procedere nella lettura oltre queste quattro pagine (dove si affollano peraltro infedeltà di punteggiatura, un inesistente rispetto per glia capo - a fronte di un Apollinaire così attento alla veste tipografica e all'uso dei bianchi; ed ancora le variazioni di significato: 'dissèquent'/analizzano, 's'appuyer'/accostarsi, e via discorrendo). Un eccesso di scrupolo mi porta a saltare alla pag. 272, dove l'ignoranza del dibattito figurativo sembra farsi dubbio sostanziale sulla conoscenza dei verbi francesi e della loro coniugazione se un accorato "Sauvezmoi", corrispondente in buon italiano a "salvatemi", può diventare "sapeste", o "j'essayai d'entraŒner Fra' Angelico vers la sortie" (pedestremante: "tentai di trascinarlo verso l'uscita") trasmuta in "prima di uscire dalla sala provai a intrattenere Fra' Angelico ". E se per la traduttrice la frase sibillina "Voilà un artiste auquel il faudra prendre garde", diviene paciosamente "Ecco un artista che dovremo osservare con attenzione", mi auguro che nessuno si offenda se, facendo mia questa prosa, proverò a concludere dicendo a tutte lettere: "Voilà un livre auquel il faudra prendre garde". Certo se investirete ottantamila lire in una scatola di cioccolatini, a cui questo volume assomiglia per la pretesa della confezione oro e carta marmorizzata, potrete, trovando tanti cioccolatini avariati, esigere il cambio della merce. Se vi ostinate a volere il libro, tenetelo ben chiuso in bella mostra sul tavolo del salotto, con buona pace di tutti, anche del povero Apollinaire.
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