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"Departures" (Giappone, 2008) è un film diretto da Yōjirō Takita. Vincitore del Premio Oscar 2009 quale miglior film straniero, il lungometraggio, a mano a mano che si va avanti nella storia, attraverso il dispiegarsi della trama, porta il protagonista (e non solo) a riflettere sulla vita e su ciò che ci attende nel corso di essa. Il film è davvero di un livello notevole, quasi un capolavoro, direi!... Da vedere assolutamente almeno una volta nella vita!
Le "partenze" (Departures) di cui si parla sono quelle dell'ultimo viaggio: le partenze dei morti verso il mondo dell'aldilà. Il protagonista Daigo è un tanatoesteta, ovvero colui che ricompone le salme, le trucca, le prepara per l'ultimo incontro con i famigliari prima della partenza (cremazione). Quel che colpisce è che in Giappone è un vero e proprio rito: i morti vengono trattati con rispetto e venerazione, sono lavati in modo particolare per "pulire" dal loro corpo la sporcizia del mondo, la loro fronte è sfiorata con un fazzoletto per levar loro la fatica che hanno provato in vita. Il tutto avviene in silenzio, con grande spiritualità. Non stupisce che in Giappone questo mestiere venga esercitato in tal maniera. I giapponesi hanno davvero una cultura lontanissima dalla nostra, sia nel bene che nel male. Da una parte, il loro comportamento è improntato alla morigeratezza, al senso civico e al rispetto reciproco, di contro, però, è molto formalista e rigido. Si inchinano gli uni verso gli altri per salutarsi, per dire "grazie", "prego" o qualsiasi cosa - tant'è che viene il dubbio che questi gesti rispettosi, così portati all'eccesso, creino più barriere interpersonali o sociali piuttosto che confidenza, intimità e vicinanza fraterna Ottimo, scritto bene ed interessante anche sotto il profilo culturale, mi resterà impresso.
L'ho visto, per la prima volta, in questi giorni, in pieno clima natalizio. Potrebbe sembrare fuori luogo o tema, ed invece mi è piaciuto molto; a tratti, mi ha anche commosso. La storia è semplice: un violoncellista, forse non troppo talentuoso, perde il lavoro; l'orchestra, in perdita, viene sciolta. Per poter mantenere sé e la giovane moglie è costretto a : vendere il suo amato strumento, trasferirsi nei luoghi nativi, cercare lavoro. A causa di un refuso tipografico, o ad una subdola interpretazione, risponde, con iniziale entusiasmo, all'annuncio per un posto di lavoro presso un'agenzia di "partenze", che si rivelerà non una ditta di viaggi ma di "partenze finali", ossia nel lavoro, antichissimo, di preparare, di fronte ai congiunti, il corpo del caro estinto per l'ultimo viaggio, seguendo i dettami di una procedura rituale molto complessa ed elaborata, nella sua apparente semplicità. come da tradizione orientale. Anche bere un tè, lo sappiamo bene, in certi luoghi non è solo o semplicemente bere un tè ( Okakura Kakuzo, se non ricordo male, insegna...). Dopo le fasi iniziali, di un apprendistato necessariamente goffo ed incerto - con problemi di relazione coniugale e rapporto con amici - ( non è da sottovalutare il fatto che presso molte culture coloro che si occupano dei morti e delle cerimonie per la loro conservazione e sepoltura, sono considerati come esseri appartenenti ad una categoria "inferiore"), grazie al carisma e alla devozione rituale del suo anziano datore di lavoro, l'ex-violoncellista, musicista medio/ mediocre, diviene un asceta ed un maestro in questa fase rituale di cura del corpo di un ...cadavere, al quale, grazie alla sua maestria e dominio del rito, si ridonano, negli ultimi istanti che precedono la cremazione, le fattezze e la vita che è stata e che ancora è, perdura, negli affetti dei famigliari. A tutto ciò, se non bastasse, vi è anche la vicenda personale e privata del protagonista, alla ricerca di un padre, che ritroverà. Intenso.
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