Il destino attende a Canyon Apache

Scritto con linguaggio impeccabile, i dialoghi funzionano, la struttura sembra rispettare tutti i crismi dei manuali di sceneggiatura, il ritmo è incalzante, l'alternanza dei punti di vista dei personaggi studiata in modo perfetto. Si legge sbranando le pagine, i personaggi sono ben costruiti e diversificati, e immediatamente degni di empatia. La storia è ambientata nel far west intorno al 1870, e la classica contrapposizione indiani-cow boys si arricchisce di dettagli e sfumature intermedie. Ci sono tutti gli ingredienti intramontabili del genere, assalti alle diligenze, tesori nascosti da ritrovare, le fattorie da insediare, miniere d'oro da sfruttare, una buona dose di romanticismo, nonché tutte le figure più affascinanti del selvaggio ovest: indiani, coloni, rivoluzionari messicani, soldati dell'esercito, mediatori, e soprattutto BOUNTY KILLER. Tuttavia, non è necessario essere dei fan di John Wayne per apprezzare il libro. La storia si basa su temi universali di amicizia, diversità, amore, ribellione, che se ben raccontati come in questo caso, funzionano in qualsiasi contesto. Gli Apache sono ignari del destino che li attende, un solo accenno premonitore nel romanzo: "I tinde, i chiricahua, i mescaleros, i navajo avevano già perso il loro posto nel mondo. Erano vivi, eppure assumevano i contorni evanescenti di fantasmi. Fantasmi di ciò che era stata quella parte di mondo prima che gli uomini bianchi vi arrivassero".