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Pagani per indole, meglio: per presunzione; bigotti per quieto vivere? mannò, per affetto. Italiani poeti tutti oppure: giornalisti. Moralisti. Arguti! Anzi: Aspiranti. Ma fiacchi. Italiani, italiani... Flaiano non li richiama dal balcone ma dal marciapiede di fronte, non prova neanche più a correggerli, ad educarli, come disse quel tale: non è difficile, è inutile. In realtà è soltanto scortese. Li osserva, ne scrive qualche sapidità: se compri un taccuino, poi devi scriverci qualcosa dentro, la trappola è questa. Con la mediocrità ancora ce la si cava con una decina di righe: altrimenti, per caratteri e storie più robuste, si dovrebbe andare al racconto, oddio, al romanzo! Il romanzo? La fatica che costa un romanzo? Ennò, Ennio si sente italiano, quindi: taccuini.
Si legge con punte di acuta amarezza, a volte è anche dolore, perchè è morto troppo presto, quest'uomo, disilluso e a suo modo profetico, luminoso quando individua squarci del suo presente che sono ancora oggi ritagli della nostra mediocrità. Che cosa direbbe, che cosa andrebbe a scrivere, se avesse visto anche la nostra società odierna, il punto di non ritorno nel quale siamo precipitati? Mah, forse, a ben vedere, è stato meglio così. Lui continua a vivere, e a sbagliare in modo superbo.
Dal risvolto: "Pochi libri sono rappresentativi di Flaiano come questo Diario degli errori, con il suo irresistibile blend di illuminismo tenebroso e pessimismo comico prima che cosmico. Disteso lungo l'arco di un ventennio (dal 1950 ai primi anni Settanta) e costruito avendo negli occhi i luoghi e i volti di tanti viaggi (da Fregene ad Atene, da Parigi a Hong Kong, da Zurigo a New York a Bangkok), il Diario brulica infatti di pensieri che sperimentano tutte le forme possibili del rapporto tra la mente e la realtà. Vi troviamo velenosi calembour concentrati come saggi, aforismi e massime perforanti e definitivi, microritratti di taglio, apologhi surreali e corrosivi, sequenze interrotte, tra incanto e sarcasmo: sugli hotel francesi, dove i mobili sono «come nella tavola che sul Larousse accompagna la voce: camera da letto», sulle vetrine olandesi accanto alle case secentesche, sui bambini monaci thailandesi che ridono e bevono il tè, sulla sporcizia e le costruzioni nuovissime di Beirut, sulle «riscattabili» taxi-girl di Hong Kong, sui filippini che cantano senza tregua, e ovviamente sul «paesetto italiano» di giocatori al Totocalcio. L'irrefrenabile tendenza all'autodistruzione della specie umana pervade Diario degli errori come un malinconico Leitmotiv: ma la crudele esattezza della tassonomia è in Flaiano venata della pietas del moralista disilluso. Quella pietas che gli fa citare la sublime e disperata invocazione di Pierre ai massoni in Guerra e pace: «Occorre che l'uomo, governato dalle proprie sensazioni, scopra nella virtù attrattive sensuali»." Gl'aforismi migliori sono il titolo stesso e "Chi mi ama mi preceda", però bisogn'accettarne il limite alla sfera antropica e antropocentrica. A esempio Beckett avrebbe parlato d'un "Diario degl'insuccessi o dei fallimenti", affrancandoci dal fardello della responsabilità personale.
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