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Spesso sono i bambini a porre le domande più imbarazzanti e più difficili, e sono quasi esclusivamente i bambini a intestardirsi di fronte a un divieto: "perché no?". Questa è la domanda che tutti dovrebbero formulare in presenza di un divieto. E in mancanza di una valida ragione, il divieto dovrebbe essere considerato illegittimo. Tanto il divieto di uscire a giocare all'imbrunire, quanto quello di ricorrere all'eutanasia o alla fecondazione eterologa. Perché no? Una simile domanda sposta l'onere della prova sulle spalle di quanti desiderano vietare. E prende sul serio un diritto tanto sbandierato quanto poco rispettato: la libertà individuale. Bene prezioso che impone a chi intende limitarne il dominio di giustificare e supportare con argomenti saldi gli impedimenti morali e legali. Nei dibattiti e nei testi normativi che riguardano le questioni bioetiche raramente sono presenti (buoni) argomenti. Ogni volta che si vuole negare o limitare la sperimentazione embrionale o il trasferimento nucleare, il ricorso all'interruzione volontaria di gravidanza o alle tecniche di procreazione assistita, dovrebbe essere necessario rispondere a quella domanda in modo soddisfacente. La differenza rilevante non è rappresentata dall'appartenenza ad una qualche area (bioetica laica e bioetica cattolica), piuttosto nell'essere in grado di offrire valide ragioni.
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