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La donna che pensava di essere triste - Marita Bartolazzi - copertina
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La donna che pensava di essere triste
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La donna che pensava di essere triste - Marita Bartolazzi - copertina
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Descrizione


In una città senza tempo e senza nome, la donna che pensava di essere triste cerca chi possa cucirle la coperta di tristezza di cui ha bisogno. Una piccola folla di personaggi, non si sa se reali o immaginari, si rivela più prodiga di consigli che di aiuto: animali parlanti, sarti collezionisti, figli che abitano in un trafficato supermercato dei sogni, un monumento di bronzo annoiato e girovago. In aggiunta a tutto questo le giornate si popolano di presenze che sembrano avere le sembianze della protagonista. Parti di lei che si sono staccate in un tempo dimenticato continuando a vivere da sole, per conto loro, scelgono quel preciso momento per riapparire. Anche le notti sono ricche di avvenimenti: sogni, visioni, incontri si susseguono. Il racconto si snoda pienamente nella realtà e allo stesso tempo in una leggera, impercettibile, perfetta sfasatura. In un'epoca in cui quello che è vero sembra non avere più alcun privilegio sul falso, questo libro ci propone l'accesso a un mondo "diversamente credibile", come sempre ha fatto la letteratura: uno dei tanti mondi che affiancano le nostre giornate affannate e distratte. Un racconto-labirinto scritto in una lingua all'apparenza pacata, talvolta teneramente comica e malinconica, un'indagine che svela i retroscena nella vita di una donna volutamente qualsiasi e ci rammenta che dove crediamo di percepire qualcosa, spesso stiamo solo ricordando.
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Dettagli

2017
5 ottobre 2017
149 p., Brossura
9788898848485

Voce della critica

Fin dal titolo, La donna che pensava di essere triste (L.d.c.p.d.e.t.) affaccia questioni e dubbi: era triste, questa donna, o solo pensava di esserlo? E le due condizioni, essere e pensare di essere, possono coincidere?

Diciamo subito che a queste domande il libro non risponde, ogni lettore può uscirne con la propria opinione. Del resto, grazie a dio, questo libro non dà risposte, anzi, frequenta regioni assai nebulose, di confine – anche se il confine non è mai chiaramente disegnato.

A primo sguardo L.d.c.p.d.e.t. sembra un romanzo corale, trabocca di strani personaggi che interagiscono fittamente con la protagonista. Un sarto che non le cucirà mai la coperta di tristezza che la donna desidera, occupato com’è dal suo progetto di museo. Il saggissimo gatto, con una debolezza per l’erre moscia e le sardine – propensione che condivide con il direttore del supermercato dei sogni. Le commesse di quel supermercato con testa di leone, di cocker, di giraffa, di coniglio. Il gentile magazziniere, che si dilegua sfumando nell’aria. Il fattorino delle consegne, galoppante su zampe di ragno. Il signore con i baffi, che conta sul pallottoliere i sorrisi che fa e quelli che riceve. Il postino dei gomiti, ”ciuffo di capelli rossi (…) e manine piccole, simili a quelle di un criceto” (p.72). E soprattutto il monumento di bronzo nella piazza, con cui, già a inizio narrazione (p.27), la donna ha un interessante scambio (“Il monumento disse con dolcezza – Io sono immenso. / - Sei immenso perché ti ho fatto io così – rispose lei”). Lo ha fatto lei?! stupisce il lettore: allora forse il monumento, pur essendo di solido e sonante bronzo, è fantasia, visione, immaginazione. Delirio. Ma allora forse non sono veri neanche tutti gli altri comprimari, compreso il gatto…

Franca Rovigatti

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