Due biglietti per la felicità - Caroline Vermalle - copertina
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Letteratura: Francia
Due biglietti per la felicità
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Descrizione


In una fredda domenica invernale, mentre una tempesta di neve avvolge Villerude-sur-Mer, una piccola stazione balneare sulla costa atlantica della Francia, un uomo e una donna varcano la soglia del cinema Le Paradis. La domenica è giorno di cineforum e il vecchio proiettore scricchiolante mostra sullo schermo le immagini in bianco e nero di Jean Gabin. Ma Antoine è distratto. Qualcuno in sala ha catturato la sua attenzione: una donna minuta, dal profilo delicato e i lunghi capelli rossi, una figura che sembra riemergere direttamente dalla sua infanzia. Capace di far funzionare qualsiasi congegno tranne la propria vita, Antoine è un abile meccanico tuttofare, un timido che sogna di diventare un eroe. La donna, invece, è Rose, violoncellista di talento in fuga dalla notorietà. Mentre il cinema Le Paradis rischia la demolizione e il paese spera in un piccolo miracolo, Antoine e Rose saranno i protagonisti di una grande avventura, un'impresa epica che vede coinvolti un Jack Russell di nome Nobody, Bach, due bambini su una spiaggia bianca, una vecchia cassaforte e delle luci difettose che lampeggiano ogni volta che qualcuno si avvicina a ciò che più desidera...

Dettagli

22 ottobre 2015
221 p., Brossura
9788807031663

Valutazioni e recensioni

  • Antonio Spinelli

    Il freddo, la neve, un piccolo paesino sulla costa atlantica francese, un cinema ed un amore. Sono tutti gli ingredienti che rendono questo piccolo romanzo di Caroline Vermalle, un vero scaldacuore. Lo si legge in brevissimo tempo perchè è una storia che conquista e che fa sognare. Una bella favola a lieto fine che ti lascia con un bel sorriso sulle labbra e ti mette di buonumore.

  • FEDERICA RIDENTE

    Bello...ti fa sognare ed evadere A tutti i lettori un Po sognatori Grazie alla mia amica che me lo ha consigliato

  • LIZIA DAGOSTINO

    Scelgo questo romanzo per distrarmi, ma anche la distrazione è riflessiva. Apprezzo la narrativa trasparente di leggerezza sana, dove cuore e amore fanno sempre rima. E, dunque, ci sono anch’io nella casa vacanze a Villerude in avenue des Pins 57. Incontro Rose Millet, 33 anni, alla ricerca della gioia. Il successo come violoncellista, il fidanzato tenero e scontato, i contratti doverosi nei teatri di tutto il mondo, per la protagonista, rappresentano solo una copertura affascinante del suo vuoto interiore. Incontro Antoine, proiezionista di pellicole cinematografiche e tuttofare, amante infelice, uomo indeciso, con la passione per la costruzione di giocattoli con pezzi riciclati. Antoine sente e ascolta spesso lo spettro di Camille, il defunto proprietario che continua ad aggirarsi nel cinema. Il fantasma di Camille, più che un disturbo di percezione, in fondo, non è altro che Titi, la parte libera e vivace di Antoine. Ed è in questo luogo interiore che Rose e Titi, amici d’infanzia, dopo tanti anni, possono rincontrarsi. I due si riconoscono, ricordano, riannodano fili e segreti e si innamorano ognuno/a di sé, dell’altra/o, della storia d’amore possibile, adoperandosi con tutte le forze nell’attività di salvare il prezioso violoncello di Rose e il vecchio cinema di paese. Una nota stonata è, a pagina 14, il riferimento al film di Tornatore: che bisogno c’è di assicurare chi legge che la storia raccontata non c’entra con Cinema Paradiso? Aleggia l’idea vaga, di poter comprare libertà vendendo competenze e pezzi di vita e la convinzione che <volere è potere> e che <basta l’amore>, e la certezza, ancora più rovinosa, che <ognuno è artefice del proprio destino>. Ma nelle favole l’attesa vale, perché l’amore di sempre torna. Aspetta il momento giusto, ma torna. Un libro per continuare a raccontare storie, per non morire di fatica, per credere che il romanticismo è questo, meno faticoso dell’altro, quello filosofico e letterario. Un romanzo musicale e carino (aggettivo che permetto a me di usare solo perché ricattata dai ricordi). Un pensiero dedicato a chi quel violoncello, nella soffitta di Avenue Louise, lo ha suonato per me: preludio della Suite n.1 di Johann Sebastian Bach. “… Jhon! Mi dici sempre che ho le spalle troppo rigide, e sai perché? Perché ho paura di non riuscire a essere come ho promesso e ogni mattina mi sveglio con questo pensiero…” p.32 “Penso che l’ispirazione sia riuscire a identificarsi con ciò che si fa. Nell’antichità, i Romani credevano che dentro ognuno di noi ci fosse uno spirito divino, una specie di guida che ci suggerisce cosa fare. In fondo l’ispirazione è quel momento magico in cui siamo in armonia con noi stessi e con il nostro spirito divino”p.132/3

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