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Anno edizione: 2016
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Ingredienti: una coppia attira-delitti di amici siciliani, una trasferta alla mostra del cinema come addetti stampa-guardie del corpo, una “morte a Venezia” tra star hollywoodiane, un caleidoscopio di citazioni letterarie e musicali in cui perdersi piacevolmente. Consigliato: a chi vuol recitare deridendole le più banali litanie dei luoghi comuni, a chi vuol indossare mille definizioni fashion della Sicilia.
L’intento di Gaetano Savatteri con il suo “La fabbrica delle stelle” vuole essere quello di far emergere la falsità e l’inganno sui quali si fondano da una parte il mondo politico, dall’altro il mondo dello spettacolo. Ciò che non funziona, io credo, in questo romanzo, è l’eccessivo atteggiamento “politicamente scorretto” del personaggio Lamanna, che si esprime solo attraverso espressioni sarcastiche, troppo frequenti, tanto frequenti da comprometterne la vis satirica. Frustrato nell’ambizioso progetto di una carriera politica, Saverio Lamanna non esita a guardare con ironico disprezzo il mondo di cui fino al giorno prima era parte e accetta di assumere l’incarico di guardia del corpo di un’attrice che dovrà essere presente al festival del cinema di Venezia. Con sé porta lo scalcinato Piccionello, eternamente vestito con t-shirt e infradito. I due si improvvisano così come una sorta di Don Chisciotte e Sancho Panza, prima, Sherlock Holmes e Watson, poi. Il mondo del cinema e della televisione appare come una fabbrica di illusioni e di inganno, luogo di rivalità e ipocrisie. Si citano attori e personaggi del grande schermo, registi e romanzieri. Non poteva mancare qualche accenno all’Aschenbach di Thomas Mann, visto che ci troviamo a Venezia. La storia si tinge di giallo nella seconda metà del romanzo, dando un po' più di vivacità all’intera narrazione troppo sbilanciata sulla ricerca della battuta. La satira è un terreno che può risultare scivoloso se non è ben dosata.
Non male l'ambientazione da sud a nord, fra Sicilia e Veneto, ma sempliciotto e prevedibile in tutto l'andamento e un gran finale da Razzie Award dell'editoria. Mi ricordavo un Savatteri di gran lunga più consistente. Sembra strizzi l'occhio alle più becere banalità della contemporaneità fra riferimenti a social, tv spazzatura e stupidi ambienti glamour, costruendolo a tavolino per accaparrarsi una certa fetta di lettori. E poi, pare scritto da un ventenne piuttosto che da un over 50; da sottolineare i numerosi dialoghi particolarmente penosi e le battute scontate, supposte divertenti, che nemmeno con la raspa. Forse era qualcosa che aveva nel cassetto da anni, poi rimaneggiato a scopi commerciali: non trovo altra spiegazione a questo tonfo di stile. Con il più che dignitoso 'La congiura dei loquaci' l'avevo veramente sopravvalutato - peccato!
Recensioni
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Saverio Lamanna, giornalista, si è rifugiato in Sicilia, in seguito al licenziamento da parte del sottosegretario per il quale lavorava a Roma. Qui non conduce una vita sgradevole: ha amici, una deliziosa fidanzata, e si dedica blandamente alla stesura di un secondo libro. Ma il denaro della liquidazione sta finendo, quello dei diritti d’autore non è certo inesauribile, e accetta di buon grado l’offerta di andare a Venezia a “proteggere” la produttrice di un film presentato alla Mostra del cinema, presentandosi come addetto stampa. E accetta anche di cercare il figlio di un pescatore misteriosamente scomparso. Quest’ultimo incarico glielo ha procurato il suo amico Peppe Piccionello, tanto utile quanto invadente e soprattutto sempre in mutande e infradito. I due partono per Venezia, previo rapido scalo a Roma. A Roma, Piccionello rifiuta di riposarsi e si lancia in una breve scorribanda notturna. Lamanna commenta tra sé e sé: “Mai ospitare un siciliano a Roma, diventa subito un personaggio di Brancati”. (…) Gea De Simone, proprietaria della Movie Valley, presenta a Venezia, in una rassegna minore, un film di una regista birmana perseguitata. Il protagonista maschile, Alo Pereira, è anche il suo “fidanzato” e la picchia spesso e volentieri. È da lui che Lamanna deve proteggerla. Quando Gea viene trovata morta è su Alo, odioso oltre che violento, che cadono tutti i sospetti. La componente “gialla”, assai prevedibile, non costituisce l’attrattiva principale del romanzo. E questo vale anche per la storia “parallela” del figlio del pescatore.
Il meglio è nella verve espressiva: esilarante come la figura “regionale” di Piccionello riesca ad ambientarsi nella snobbissima Venezia della Mostra. Le sue hawaianas diventano immediatamente un cult, e lo stesso si può dire delle improbabili magliette “Siciliano sugnu” o “Kannolo addicted” o “Arancine dream”. Non ci mette nulla a essere credibile come “cinefilo”. Né a fare amicizia con attori internazionali come “Harry Potter”; l’abito di lino bianco per la premiazione glielo impresta Jude Law (“si chiama Giuda ma è un ragazzo a posto”). Piluccando qua e là sono moltissimi i passi godibili e spiritosi: tra tutti la riproduzione del “parlato” del taxista romano o la decantazione della cassatella (“Cosa avrà mai di speciale la madeleine di Proust? Di fronte alla cassatella calda di Castellammare del Golfo vale quanto un pezzo di pane duro”) (…).
Recensione di Luca Terzolo
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