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Fantasmagonia - Michele Mari - copertina
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Fantasmagonia

Descrizione


C'è un demone che si aggira fra queste pagine, ed è quello della letteratura. Che sia esso esplicitamente riconoscibile o si nasconda fra le pieghe del quotidiano, è una presenza fantasmatica con cui ciascun personaggio - e dunque ciascuno di noi, nel corpo a corpo incessante che è la lettura - è costretto a fare i conti. Visioni, trasalimenti o semplici incubi: l'incerto confine tra invenzione e realtà, cosi come quello tra sonno e veglia, viene costantemente ridisegnato dai racconti che compongono "Fantasmagonia", tutti in bilico tra il gioco e la divagazione colta, la fiaba macabra e il pastiche. Cosi accade di ragionare intorno a "Il cielo in una stanza" e poi di imbattersi in Omero e Borges, ciechi e in carrozzella, che commentano la finale dei mondiali Grecia-Argentina. Oppure di scoprire perché mai Crapa Pelada, dopo aver cucinato i famosi tortelli, non ne abbia dato nemmeno uno ai suoi fratelli... Michele Mari torna al racconto, e lo fa chiamando a raccolta tutte le ossessioni che hanno segnato il suo percorso di scrittura: l'infanzia, i mostri, le nevrosi numerologiche e la tassonomia di ogni singolo ricordo. Ma sopra di esse, intorno ad esse, aleggia stavolta una nube spettrale che fa precipitare il lettore - e l'autore stesso - in una dimensione dove le ombre sono destinate ad avere la meglio sui corpi che le proiettano. Ma anche questo cammino richiede un apprendistato, come dice il titolo dell'ultimo racconto: una fantasmagonia.
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Dettagli

2012
24 gennaio 2012
155 p., Rilegato
9788806209551

Valutazioni e recensioni

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arielehoris
Recensioni: 4/5

Sono spiriti e fantasmi quelli che parlano nei brevi racconti di Mari, sono spettri della vita e, soprattutto, della letteratura. Quelli che, da sempre, gli sussurrano all'orecchio le loro storie possibili, che scivolano dalle pagine dei classici per reinventarsi attraverso la sua voce: quel mix particolare di registro aulico e immagini basse che rende unica la scrittura di Mari. Io amo questo autore, amo la particolare atmosfera che si sprigiona dai suoi volumi, amo il fatto che - come me - viva della letteratura e sia un lettore prima ancora che uno scrittore. Non sono qui, certo, le sue prove migliori, ma ogni rigo, ogni paragrafo, ogni minimo racconto ci dice di una scrittura che si sta alimentando, nutrendo, pascendo e che, presto o tardi, fiorirà in una forma inusitata. E infatti, dopo Fantasmagonia, Mari ci ha regalato il rocambolesco Roderick Duddle: grande, grandissima prova a conferma del suo prodigioso appetito letterario! Ne consiglio la lettura.

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Valentina
Recensioni: 4/5

Se posso azzardare una similitudine, mi permetto di definire Michele Mari un'esperta magliaia In parole povere, ha disfatto la perfetta, fitta e intricata rete di letteratura, (ma anche musica, storia), così come la conosciamo tutti, rilavorandone le fila a suo insindacabile piacimento. Il risultato finale potrebbe benissimo essere una sciarpa dalla maglia altrettanto perfetta, con cui coprirsi gli occhi quando si vuole sfuggire dai propri fantasmi. Quantomeno quelli che riguardano la propria istruzione.

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Ari
Recensioni: 5/5

Mi sono trovata a leggere questo libro di Michele Mari perché in cerca di un romanzo gotico un po' sui generis, e devo dire che con questo libro ho trovato pane per i miei denti. Lo stile di questo autore è particolarissimo, un pastiche non solo linguistico ma di tematiche ricorrenti nel tradizionale romanzo gotico. In particolare questa raccolta di racconti riscrive, da un'ottica tutta diversa rispetto alla tradizionale, una serie di episodi della letteratura. Vite di autori famosi o episodi di romanzi verranno rivisitati da Mari in una rielaborazione sorprendente. Consigliatissimo.

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Recensioni

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Voce della critica

  Michele Mari è un autore di nicchia, colto e sofisticato, che sembrerebbe smentire de facto tutte quelle teorie complottiste secondo cui la nostra editoria sarebbe ormai prona unicamente ai diktat delle classifiche di vendita. Capita non di rado, però, che questo tipo di scrittore d'un tratto diventi se non popolare quantomeno di moda. In genere è un singolo titolo a fare da spartiacque tra gli apprezzamenti sparuti e un consenso per lo più unanime. Per Mari forse questo passaggio è stato ottenuto da tre titoli pubblicati o riproposti a breve distanza l'uno dall'altro: Verderame (Einaudi, 2007, romanzo di formazione atipico), Filologia dell'anfibio (Laterza, 2009, strampalato diario di un anno trascorso in caserma per il servizio militare), Tu, sanguinosa infanzia (Einaudi, 2009, racconti lisergici e iperletterari). Bisogna anche aggiungere cheil passaggio a una platea più vasta non è quasi mai indolore per lo scrittore che ne è investito (s'intenda il verbo nella sua accezione più truculenta, cioè quella d'essere urtato, quando non travolto o direttamente arrotato): il rischio è quello, dopo aver fondato una sorta di scuola o religione, di fare un po' il verso a se stessi. Non è questione di coerenza rispetto alla propria poetica, piuttosto di prendere la brutta china della maniera. Per fortuna la compattezza granitica ed eminentemente linguistica dell'universo di Michele Mari regge anche in Fantasmagonia. Si tratta di tanti raccontini che ruotano attorno alle tematiche care al gotico e all'horror (inteso proprio come genere cinematografico), con un convitato di pietra immaginabile: lo spettro della letteratura. Ci sono, o forse sarebbe meglio dire appaiono, tutte le tipicità che hanno fatto di Mari un piccolo autore di culto: il gioco dei rimandi, la divagazione colta, l'attrazione verso le forme del racconto assolute come la fiaba, il narrare nella convinzione (stra)esibita che la letteratura si faccia con la letteratura. Esemplare in questo senso il raccontino in cui Omero e Borges sono chiamati a seguire la finale del campionato del mondo di calcio che non ti aspetti: Grecia contro Argentina. Entrambi ciechi, vengono sistemati a bordo campo uno di fianco all'altro e iniziano a conversare. Il gioco di specchi è palese, così Borges può dire a Omero: "È da voi, che è incominciato tutto, senza di voi io non sarei". E Omero può ribattere a Borges: "Ma voi mi contenete, siete il punto d'arrivo". La conversazione tra i due estremi della letteratura prosegue, tra un calcio al pallone e l'altro, finché la storia non si tronca sull'attesa di un penalty catartico, un tiro dal dischetto liberatorio. Mari sembra porsi prima di Omero e dopo Borges, cioè prima dell'inizio e dopo la fine della letteratura. È un pre ed è un post, perché la sua scrittura conserva una freschezza e un senso di stupefazione bambinesco, ma sa anche essere terribilmente consapevole dei propri procedimenti metaletterari. Talvolta può capitare che l'equilibrio si perda (d'altronde si sa, anche il più scafato degli equilibristi è ruzzolato almeno una volta giù dalla corda). A tratti le fosche atmosfere evocate in Fantasmagonia non vanno oltre il bozzetto spiritoso: l'ironia spesso incenerisce la dinamica narrativa, lasciando dietro di sé soltanto il profilo di qualche impeccabile impalcatura. È come se Mari cercasse programmaticamente di rovesciare il famoso adagio anglosassone show, don't tell. Insomma, non c'è mai un vero recupero e riutilizzo del genere fantastico. Perciò, nonostante Mari sia considerato un erede della grande tradizione visionaria italiana dei Savinio e dei Landolfi, queste storie non entrano mai nel merito del genere fino in fondo. Cruccio relativo, visto che la specificità del libro è da cercarsi altrove: un divertimento saturnino che si esalta (e si esaurisce tutto) nel correre a perdifiato su e giù per i secoli e per i titoli e per i personaggi e per gli autori, da Byron e Frankenstein fino a Kafka e Pinocchio. Il revenant Mari in questi ectoplasmi di racconti bada più a vestire i panni del glossatore che non quelli del narratore. Più che un ritratto dell'artista da spettro sembra volerci consegnare un vero e proprio libro fantasma. Il pezzo (ché chiamarlo racconto, lo ribadiamo, sarebbe improprio) che vale per così dire il prezzo del biglietto capita all'ultimo ed è quello che, non a caso, dà il titolo al volume. Si tratta di una specie di bizzarro trattato comportamentale per aspiranti transeunti. Una lucente perla nera nella quale possiamo imbatterci in passaggi del genere: "Così, quando (il futuro fantasma) morirà, sarà già una povera cosa inconsistente e impercepibile al mondo. Come spiritelli cavalcantiani tutti i suoi umori vitali lo avranno da lunga pezza abbandonato, e la sua morte assomiglierà alla definitiva dissoluzione di una foglia già secca". Al contrario la destrezza con le parole − questi spiriti delle cose (o forse è vero proprio il contrario?) − non può volatilizzarsi così facilmente. Luca Ricci

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Conosci l'autore

Michele Mari

1955, Milano

Michele Mari è nato a Milano nel 1955. I suoi libri sono Di bestia in bestia (Longanesi 1989), Io venía pien d'angoscia a rimirarti (Longanesi 1990; Marsilio 1998), La stiva e l'abisso (Bompiani 1992; Einaudi 2002), Euridice aveva un cane (Bompiani 1993; Einaudi 2004), Filologia dell'anfibio (Bompiani 1995; Laterza 2009), Tu, sanguinosa infanzia (Mondadori 1997; Einaudi 2009), Rondini sul filo (Mondadori 1999), I sepolcri illustrati (Portofranco 2000), Tutto il ferro della torre Eiffel (Einaudi 2002), I demoni e la pasta sfoglia (Quiritta 2004; Cavallo di Ferro 2010), Cento poesie d'amore a Ladyhawke (Einaudi 2007), Verderame (Einaudi 2007), Milano fantasma (edt 2008, in collaborazione con Velasco Vitali), Rosso...

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