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Anno edizione: 2013
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Romanzo ben scritto che offre un punto di vista interno e diverso dal solito sulla tragica guerra dei Balcani. L'alternanza dei capitoli romanzati con quelli di descrizione storico-giornalistica dei personaggi politici coinvolti consente anche ai meno informati sulla vicenda storica di comprendere a pieno. Molti gli spunti di riflessione sulla situazione socio-politoca. Godibile, accattivante, mai noioso.
Bellissimo libro che vede attraverso un altro punto di vista il conflitto balcanico. Molto bello molto ben costruito. È il primo libro di Clara uson che leggo ma ne leggeró altri
Fatico un po’ a esprimere un giudizio su questo romanzo. Innanzitutto perché è un romanzo solo in parte, visto che alterna fiction (la storia romanzata degli ultimi mesi di Ana Mladic, figlia di Ratko Mladic, il cosiddetto “macellaio della Bosnia) e Storia (attraverso la descrizione di alcuni personaggi della recente e meno recente storia della Serbia, da Slobodan Milosevic a Radovan Karadzic). Dico subito che il libro mi è piaciuto molto, più che per la qualità della scrittura, perché racconta di un momento storico che sento particolarmente. Avevo poco meno di venti anni quando è scoppiata la guerra tra Serbia e Croazia. E quindi poco più di vent’anni quando è scoppiata la guerra in Bosnia. Una guerra vicina. I campi profughi croati erano a pochi chilometri dal confine. Paradossalmente, la parte romanzata, quella che racconta di Ana e del suo rapporto con il padre, è quella che ho trovato meno riuscita. Viceversa, ho trovato molto interessante la parte storica: i ritratti dei diversi personaggi, protagonisti (in negativo) di quegli anni sono secondo me estremamente efficaci. L’efficacia è data dal fatto che l’autrice ha saputo coniugare un linguaggio giornalistico con un linguaggio leggermente derisorio, senza scadere nel macchiettismo. Ancor più mi sono piaciuti i capitoli dedicati ad un personaggio secondario (che secondario non è assolutamente, anzi che ha spazio e sostanza tanto quanto Ana): si tratta di Danilo, nato a Sarajevo, figlio di un padre ebreo e di una madre serba, apolide per definizione, vocazione e costrizione. Nel raccontare la sua storia mi sembra che la Uson abbia raggiunto una scrittura molto riuscita.
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