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The Cats of Copenhagen mitiga una forte critica a leggi e convenzioni sterili: a Copenhagen non ci sono gatti (il riferimento è ai gatti troiani riempiti con dolci che Joyce non ha avuto la possibilità di comprare come regalo al nipotino Stephen) ma solo pesce, biciclette e poliziotti stanchi. Il rimando è a Villers s/mer e Copenhagen al fine di mostrare l’aspro sfavore nei confronti di tutte le istituzioni, la legge e il sistema in generale. La dislocazione topologica conduce effettivamente a una profonda riflessione sul desiderio di Joyce di rinnovare il dissenso verso la sua patria, criticando altre realtà. Poliziotti pigri vivono in un mondo fantastico: «all the Danish policemen pass the day at home in bed» e quando sono svegli «smoke big Danish cigars and drink buttermilk all day long». A Copenhagen ci sono «lots & lots of fish and bicycles» e ragazzi, vestiti in rosso, incaricati di distribuire la posta: le lettere sono piene di reclami e «all for the policemen from old Ladies who want to cross the road and boys who are writing home for more sweets and girls who want to know something about the moon». Ogni vignetta presenta buffe facce feline che si prestano perfettamente allo scopo di creare un racconto umoristico per bambini, interpretabile come uno schermo trasparente che dipinge il rovesciamento di un mondo carente di logica e coerenza; viene svelata l’allegoria di una realtà potenzialmente distruttiva in cui nessuno sembra interessato al bene comune. I gatti sono autentica incarnazione e riflesso di un mondo sia peggiore sia migliore altrove e quindi perfetti facenti funzione in una società caotica e priva di ordine: un’atmosfera surreale in cui tutto è magico e possibile. Testo tradotto in italiano per bimbi capaci di sognare...
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