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libro scritto da un adolescente per adolescenti, di conseguenza se letto da un adulto risulta mediocre e banale
Promettente romanzo d'esordio di un diciottenne che ambienta la propria storia nell'anno della maturità, intrecciando le vicende di tre ragazzi e tre ragazze con le tematiche di amore e amicizia tipiche del periodo. Si finisce con l'identificarsi nel personaggio di Pietro, il più timido e cerebrale tra i protagonisti, che ricorda fatte le dovute proporzioni l'Alex di “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”.
Ottimo esordio di un giovane autore. La narrazione scorre via veloce ed è stata un'impresa riuscire a fermare la lettura, tant'è vero che ho finito il libro in due giorni. Storia tardo adolescenziale, raccontata con una buona dose d'ironia, che mi ha fatto tornare indietro ai miei diciotto/vent'anni (che ancora sento addosso, sempre alla ricerca del passaggio all'età adulta). Nascondi
Recensioni
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Apri il libro. Inizi a leggere con un po’ di scetticismo.
L’autore, Rocco Civitarese, ha diciotto anni e frequenta l’ultimo anno di Liceo a Pavia. Le storie dei liceali, da Federico Moccia in poi, le conosciamo. Pensi.
Poi trovi in esergo una citazione di Niccolò Ammaniti, bella non banale, una di Wislawa Szymborka, bene… molto ad affetto, e un’altra di Federico Fellini, con cui il giovane Civitarese letteralmente ti mette al tappeto.
La prima domanda che ti gira in testa mentre leggi è: “Ma io come scrivevo a diciotto anni?”. A colpire più dell’ambientazione, più dei personaggi, è proprio la scrittura. Uno stile maturo possiamo dire. Perché l’autore scrive con un linguaggio diretto, immediato e scrive anche i pensieri che rivolge a se stesso, utilizzando un sottotesto, un continuo controcanto o fraseggio, che ti fa letteralmente precipitare nella via del protagonista, Pietro Mazzoccone. In questo caso Zerocalcare docet.
Pietro vive a Pavia, sulla riva destra del Ticino, frequenta l’ultimo anno di liceo ed ha un’unica grandissima ossessione: superare il test di Medicina per entrare all’Università. Come fare? No problem, lui è anche un po’ abruzzese “e quando c’è bisogno non solo di intelligenza agile e di spirito versatile, ma di volontà ferma, di persistenza e di resistenza… Tu sei abruzzese!” (-cit. Benedetto Croce!).
L’altra suo ossessione è Anna Pettirosso. Mora, capelli lunghi, mezzo sangue meridionale. Ogni volta che Pietro prova a darsi un tono lei lo disinnesca, impugna il suo bisturi e lo disseziona: la ragazza perfetta.
Poi naturalmente ci sono i suoi amici, Davide e la squadra di pallacanestro di San Marco, Laura e Giustino, Lucilla ninfetta ammaliante, testosterone a fiumi. Ma dopo tutto a quell’età è normale, no? Una vacanza a Camogli che lo immerge in Anna come una spugna, per 72 ore. Con l’unico problema di Debora, Debora Pettirosso sorella di Anna. È lei che lo ha invitato nella sua casa di Camogli, è lei la sua fidanzata. Trattasi di dramma, quindi…
Così mentre entriamo a bomba in questo psicodramma, a metà vissuto a metà sognato a occhi aperti, scopriamo che “Sì, si può scrivere bene anche a diciotto anni”, anzi probabilmente le cose più interessanti da sapere ce le possono dire proprio i diciottenni come Pietro. A questi Millennials forse basterebbe avvicinarsi, sganciare dall’orecchio un auricolare, e intercettare il flusso delle loro vite.
Prenderemmo tutti una bella scossa.
Recensione di Annalisa Veraldi
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