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Trattato di storia dei giardini, memoir e nello stesso tempo appassionato pamphlet politico, E il giardino creò l'uomo è anche il ritratto di un uomo originale e, a suo modo, enigmatico.
Il giardino: ultimo rifugio della spiritualità e della poesia; ultima frontiera al di qua della barbarie e dell'alienazione; ultima utopia - ma un'utopia pratica, tangibile. Questi i temi che il giardiniere-filosofo Jorn de Précy - attivo a cavallo fra Otto e Novecento e di cui poco si sa, ma che è da sempre oggetto di venerazione da parte degli appassionati - ha riunito nel suo E il giardino creò l'uomo. Questo scritto vibrante è soprattutto il manifesto di un'idea del giardino che l'autore riuscì a realizzare nella sua tenuta di Greystone, nell'Oxfordshire; un'idea straordinariamente attuale e ancora, nella sostanza come nella forma, rivoluzionaria, quella del giardino selvatico. Nel fare il giardino, l'uomo - sostiene de Précy - deve restare in ascolto della natura, del genius loci, non forzare ma assecondare le forze che vi operano, mettendosi al loro servizio e riallacciando così il legame con il mondo naturale; il quale lo ripagherà regalandogli il piacere più compiuto e nello stesso tempo inesauribile, lo spettacolo della vita e delle stagioni. Trattato di storia dei giardini, memoir e nello stesso tempo appassionato pamphlet politico, E il giardino creò l'uomo è anche il ritratto di un uomo originale e, a suo modo, enigmatico; al termine della lettura ci sembra di vederlo scomparire lungo uno dei sentieri dell'amato Greystone, a raggiungere gli dei che si celano tra le sue piante.
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Una lettura fantastica, che cattura l'attenzione perchè attraverso la tematica del giardino apre la mente a molte riflessioni importanti sulla filosofia e sul sociale. Il discorso si fa serio e profondo quando l'autore, accompagnandoci in un giro di esplorazione del suo giardino selvaggio a Greystone, nei pressi di Oxford, ci fa riflettere su come la natura abbia molto da insegnare all'uomo moderno. Dunque, una bellissima riflessione sul potere liberatore del giardino come un luogo intimo e speciale ma anche una meditazione sul significato del nostro rapporto con la natura. Devo ammettere che un pò mi è dispiaciuto voltare l'ultima pagina. Mi è sembrato davvero di essere in un luogo unico, con un accompagnatore molto particolare a farmi da guida. Da non perdere.
Solo 120 pagine e una grande saggezza si sprigiona da questo piccolo saggio, scritto nel 1912, più che mai attuale. Di questo autore poco si sa, e molto di ciò che ha scritto è andato distrutto: in queste pagine vi è l'ultimo baluardo contro la barbarie, contro l'inciviltà, un vero grido di ribellione alla distruzione e al possesso della natura. Direi il primo ecologista dei nostri tempi. Cito un passo delle tante riflessioni lette, a proposito dell'annuncio della Prima Guerra Mondiale : "Io penso a quell'altra guerra, nella quale c'impegniamo quotidianamente senza saperlo, assorbiti come siamo dalle mille incombenze quotidiane. Sto parlando della guerra che abbiamo dichiarato alla vita. Di questo conflitto, i danni della società industriale e materialista sono le forme più evidenti; il distacco dalla natura, la sua conseguenza più profonda. Quando la prossima guerra sarà finita, ce ne saranno altre, e il progresso continuerà nella sua corsa e la Terra diventerà sempre meno abitabile. Poco a poco, gli uomini si risveglieranno, come dopo un'ubriacatura e si renderanno dell'errore commesso voltando le spalle alle loro origini. Vedremo finalmente che in fondo al deserto c'è ancora un deserto. Sarà troppo tardi?" E' già troppo tardi, e leggere che qualcuno ci aveva già pensato, fuggendo dalle nere coltri di Londra per creare un magnifico giardino selvaggio (Greystone, nei pressi di Oxford), ormai passato di mano a un hotel che lo ha convertito in un giardino qualunque, fa riflettere su quanto l'umanità abbia distrutto negli ultimi 100 anni le bellezze degli Dei.
un libretto che apre molte riflessioni
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