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La gita a Tindari
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La gita a Tindari - Andrea Camilleri - copertina
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gita a Tindari

Descrizione


Premio Bancarella 2001. Camilleri inaugura l'anno da poco iniziato con un nuovo romanzo che riporta sulla scena il "suo" Montalbano, il detective ormai più famoso d'Italia, protagonista di complessi casi investigativi e di un fortunatissimo successo letterario. Questa volta le vicende del simpatico poliziotto si svolgono tra Vigàta e Tindari, suggestivo promontorio carico di riminescenze storiche arcaiche, alla ricerca del misterioso legame che ha accomunato nella medesima morte violenta tre persone tra di loro estranee. Grazie al suo inconfondibile intuito professionale e ancor più forse della sua sensibilità di uomo, Montalbano concluderà con successo le indagini, muovendosi al confine tra il mondo della tradizione e il mondo della modernità; lui, cinquantenne, in vena di bilanci e previsioni sulla vita e sul futuro, alle prese con la realtà attuale della tecnologia avanzata e di Internet, che rendono superflua ogni appartenenza, confine o distanza geografica. Un confronto che lo porterà a dubitare persino di non essere adeguato ai tempi. Al di là di questi riflessioni e incertezze che accrescono l'umanità del personaggio, rendendolo una figura ancor più vera e familiare, questo quinto romanzo della "saga" di Montalbano riconferma intatto la sapienza della narrazione di Camilleri, in cui si mescolano il fascino di una lingua costantemente protesa al dialetto, la suggestione dell'intreccio, la vivacità dei personaggi.
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Dettagli

7
2000
18 febbraio 2000
304 p.
9788838915741
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Indice


Le prime frasi del romanzo:

Uno

Che fosse vigilante, se ne faceva capace dal fatto che la testa gli funzionava secondo logica e non seguendo l'assurdo labirinto del sogno, che sentiva il regolare sciabordio del mare, che un venticello di prim'alba trasìva dalla finestra spalancata. Ma continuava ostinatamente a tenere gli occhi inserrati, sapeva che tutto il malumore che lo maceriava dintra sarebbe sbommicato di fora appena aperti gli occhi, facendogli fare o dire minchiate delle quali doppo avrebbe dovuto pentirsi.
Gli arrivò la friscatina di uno che caminava sulla spiaggia. A quell'ora, certamente qualcuno che andava per travaglio a Vigàta. Il motivo friscato gli era cognito, ma non ne ricordava né il titolo né le parole. Del resto, che importanza aveva? Non era mai riuscito a friscare, manco infilandosi un dito in culo. "Si mise un dito in culo / e trasse un fischio acuto / segnale convenuto / delle guardie di città"... Era una fesseria che un amico milanese della scuola di polizia qualche volta gli aveva canticchiato e che gli era rimasta impressa. E per questa sua incapacità di friscare, alle elementari era stato vittima prediletta dei suoi compagnucci di scuola che erano maestri nell'arte di friscare alla pecorara, alla marinara, alla montanara aggiungendovi estrose variazioni. I compagni! Ecco che cosa gli aveva procurato la mala nottata! Il ricordo dei compagni e la notizia letta sul giornale, poco prima d'andare a coricarsi, che il dottor Carlo Militello, non ancora cinquantino, era stato nominato Presidente della seconda più importante banca dell'isola. Il giornale formulava i più sentiti auguri al neo Presidente, del quale stampava la fotografia: occhiali certamente d'oro, vestito griffato, camicia inappuntabile, cravatta finissima. Un uomo arrivato, un uomo d'ordine, difensore dei grandi Valori (tanto quelli della Borsa quanto quelli della Famiglia, della Patria, della Libertà). Se lo ricordava bene, Montalbano, questo suo compagnuccio non delle elementari, ma del '68!
"Impiccheremo i nemici del popolo con le loro cravatte!".
"Le banche servono solo a essere svaligiate!".
Carlo Militello, soprannominato "Carlo Martello", in primisi per i suoi atteggiamenti di capo supremo e in secundisi perché contro gli avversari adoperava parole come martellate e cazzotti peggio delle martellate. Il più intransigente, il più inflessibile, che al suo confronto il tanto invocato nei cortei Ho Chi Min sarebbe parso un riformista socialdemocratico. Aveva obbligato tutti a non fumare sigarette per non arricchire il Monopolio di Stato, spinelli e canne sì, a volontà. Sosteneva che in un solo momento della sua vita il compagno Stalin aveva agito bene: quando si era messo a rapinare banche per finanziare il partito. "Stato" era una parola che dava a tutti il malostare, li faceva arraggiare come tori davanti allo straccio rosso. Di quei giorni Montalbano ricordava soprattutto una poesia di Pasolini che difendeva la polizia contro gli studenti a Valle Giulia, a Roma. Tutti i suoi compagni avevano sputato su quei versi, lui aveva tentato di difenderli: "Però è una bella poesia". A momenti Carlo Martello, se non lo tenevano, gli scassava la faccia con uno dei suoi micidiali cazzotti. Perché allora quella poesia non gli dispiacque? Vedeva in essa già segnato il suo destino di sbirro? Ad ogni modo, nel corso degli anni, aveva visto i suoi compagni, quelli mitici del '68, principiare a "ragionare". E ragionando ragionando, gli astratti furori si erano ammosciati e quindi stracangiati in concrete acquiescenze. E adesso, fatta eccezione per qualcuno che con straordinaria dignità sopportava da oltre un decennio processi e carcere per un delitto palesemente non commesso né ordinato, fatta eccezione ancora per un altro oscuramente ammazzato, i rimanenti si erano tutti piazzati benissimo, saltabeccando da sinistra a destra, poi ancora a sinistra, poi ancora a destra, e c'era chi dirigeva un giornale, chi una televisione, chi era diventato un grosso manager di Stato, chi deputato o senatore. Visto che non erano arrinisciuti a cangiare la società, avevano cangiato se stessi. Oppure non avevano manco avuto bisogno di cangiare, perché nel '68 avevano solamente fatto teatro, indossando costumi e maschere di rivoluzionari. La nomina di Carlo ex Martello non gli era proprio calata. Soprattutto perché gli aveva provocato un altro pinsèro e questo certamente il più fastidioso di tutti.

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Elena
Recensioni: 5/5

Un altra indagine particolarmente laboriosa per il commissario Montalbano,che come al solito dovrà affrontare le perplessità del questore riguardo i suoi metodi e la sua idoneità al servizio.Proprio il suo fiuto e la sua capacità di scandagliare l'animo umano lo aiuteranno a districare una corposa matassa di delitti ed evitare il tranello che la mafia ha ordito per lui.Riuscirà,infine come se non fosse abbastanza, a pilotare la vita amorosa del suo vice Mimì per scongiurarne il trasferimento che sfalderebbe il commissariato di Vigàta così caro al commissario come ai suoi affezionati lettori.Assolutamente da leggere.

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maria
Recensioni: 4/5

bellissimo questo Montalbano, anche nella versione televisiva.

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Rafed73
Recensioni: 5/5

Libro scorrevole e piacevole. Consigliato

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Recensioni

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Conosci l'autore

Andrea Camilleri

1925, Porto Empedocle (Agrigento)

Nato a Porto Empedocle (Agrigento), Andrea Camilleri ha vissuto per anni a Roma.  Dal 1939 al 1943, dopo un periodo in un collegio da cui viene espulso, studia ad Agrigento al Liceo Classico Empedocle dove ottiene la maturità classica senza dover sostenere l’esame a causa dell’imminente sbarco degli alleati in Sicilia. A giugno inizia, come ricorda lo scrittore, "una sorta di mezzo periplo della Sicilia a piedi o su camion tedeschi e italiani sotto un continuo mitragliamento per cui bisognava gettarsi a terra, sporcarsi di polvere di sangue, di paura".  S’iscrive all’Università (Facoltà di lettere) ma non si laureerà mai. Si iscrive anche al Partito Comunista.Inizia a pubblicare racconti e poesie e vince il Premio...

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