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"Superare il lirismo che ha lungamente accompagnato la memoria della guerra di liberazione significa ottenere finalmente un'indipendenza reale, disporre della propria storia, comprendere le ragioni di una violenza barbara che ha sconvolto questo paese a partire dagli anni Novanta", scrive Benjamin Stora, docente di storia del Maghreb a Parigi, in riferimento alla guerra d'indipendenza d'Algeria e agli eccidi commessi negli anni novanta dal Gruppo islamico armato (Gia) con la complicità di alcuni settori deviati delle istituzioni. Solo le sommosse studentesche del 1988 hanno fatto tardivamente riscoprire nella loro realtà i personaggi, gli errori e gli orrori compiuti e subiti negli anni della lotta, al di fuori di un'aura eroica che non li rendeva fruibili in tempo di democrazia. Ripercorrendo, attraverso una serie di rapidi paragrafetti rispondenti a necessità di periodizzazione, i 92 mesi della guerra, dal 1955 (dopo Dien Bien Phu in Indocina) al 1962, con al centro l'importante svolta del 1958 (l'avvento di de Gaulle al potere in Francia), Stora offre il quadro di uno dei processi di decolonizzazione più convulsi. La guerra d'Algeria vive molteplici fasi, che comprendono l'organizzarsi dei gruppi indipendentisti in katiba, un tentato golpe, l'articolarsi delle istanze dei pieds noirs, gli atti terroristici del Front de libération nationale (Fln) e dell'Organisation de l'armée secrète (Oas), la repressione e, in generale, grandi sommovimenti politici, sia in Francia, con il passaggio dall'ormai logora e consunta Quarta repubblica alla Quinta, sia in Algeria. Viene a delinearsi uno scenario composito, in cui a emergere, con forza sempre maggiore e travolgente, è l'idea dell'autodeterminazione per il popolo algerino.
Daniele Rocca
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