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Tommaso - lo chiamo così per ammirazione, non perché lo conoscessi, in effetti potrei dire di conoscerlo nella misura in cui lo si possa dire di un tizio visto in TV qualche volta a fine anni novanta - me lo ricordavo come l’intelligente autore televisivo che in un paio di occasioni per l’aspetto mi aveva fatto pensare Jack Nance in ”Erasehead”. Sono passati tanti di quegli anni che, mentre io perdevo tempo a fare altro, purtroppo ho perso di vista anche lui ed è solo questo librino (è piccolo ma grida “Leggimi, leggimi!” tanto è particolare) ad avermi fatto capire quanto forse non sia stata tutta colpa mia. Infatti “Haducii” è un feuilleton moderno, ignorato da molti ma non da chi indirettamente me l’ha consigliato e che ringrazio - Claudio Giunta -, dove Labranca narra le vicende italiane di una famiglia di immigrati rumeni, vicende in cui rimane coinvolto, perché è quel vicino di pianerottolo che spesso li soccorre. La prosa è chiara e la narrazione originalissima, e, adesso che ci penso, il modo ricorsivo di tornare sugli eventi mi ricorda un po’ “L’insostenibile leggerezza dell’essere”. Ci sono tanti siparietti divertenti, ma di fondo c’è scontentezza nei confronti di questa nostra società che tanto abbruttisce l’individuo. Non mancano le critiche bipartisan alla politica e c’è più di un accenno al mondo lavorativo in cui né la meritocrazia né l’onesta intellettuale gli hanno garantito un posto adeguato alle sue capacità. Pochi si salvano e tra quei pochi ci sono gli incolpevoli animali e tre grandi scrittori: James Joyce, Virginia Woolf e Alfred Döblin con “Berlin Alexanderplatz”. Come dargli torto.
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