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Gli Andead, band milanese capitanata da Andrea Toselli (più noto come Andrea Rock) con appena 2 cd all’attivo, costituiscono un interessante caso su cui i critici musicali dovrebbero condurre un’inchiesta approfondita a riprova del fatto che i numerosi giovani compositori nostrani fuori dai talent-show hanno ancora molto da far sentire, di modo che tali musicologi cesserebbero di versare lacrime di nostalgia sui soliti casi superati di Subsonica oppure Negramaro, convinti che dopo di loro nulla più ha avuto, né avrà, valore nella sfera del rock italiano. Se invece di sponsorizzare e puntare tutto su accademie televisive, che chiudono i battenti ancor prima di aver presentato delle proposte musicali, si ascoltasse con maggior attenzione tutto quello che viene creato dai giovani rockers italiani forse si piangerebbe meno e si comprenderebbe che la creatività e la poesia non sono ancora morte. Be’, nel caso degli Andead parliamo unicamente di creatività nei suoni (apprezzabilissime le chitarre scattanti, la lestezza dei passaggi, pur se mancano assoli sbalorditivi), perché la poesia delle loro canzoni è quasi evanescente. I loro testi in lingua inglese non sono impegnati e non per scadente vena lirica (le parole, le idee e un background culturale non mancano mica al frontman, autore dei testi. Provate ad ascoltarlo, se non lo avete mai fatto, in versione dj su Virgin: è davvero sorprendente per gradevole loquacità e rilevanza di concetti) bensì per semplice scelta, per un songwriter che punta a fare pendant con il genere horror punkabilly (così il gruppo autodefinisce il proprio sound, che comunque è più dilettevole che terrificante) e la sobrietà d’immagine della band. Gli Andead fanno musica per divertirsi e per divertire, ed è proprio questo il bello. È la loro spontaneità che attrae simpaticamente. Valentina Zardini li ha giudicati di recente più solennemente, ritenendo la loro musica “un’esplosione strumentale che vi catapulterà nel mondo del punk rock, quello pieno, fatto di suoni carichi e potenti, che fanno saltare e ballare con birra in una mano e sigaretta nell’altra”. Io li trovo più dimessamente “carnevaleschi”, con un trucco e un’immagine giocosamente teatrale da videoclip e copertine, per cui un’aranciata “esagerata” e un lingua di menelik sarebbero più indicati…Meno rock, meno pericoli e più festa, più vita, più arte, per intenderci, eppure gli Andead disinvoltamente riescono a catalizzare l’attenzione di chi li ascolta, anche in veste di band apripista ai concerti dei grandi, e maturano di album in album, ed è abbastanza raro che ciò avvenga negli ultimi tempi. Infatti, per critica e pubblico il secondo disco di solito delude, specie se il primo è stato un buon esordio, ma questa volta si può affermare che la regola incontri la sua eccezione. Il secondo lavoro degli Andead, dal titolo “With Passionate Heart”, che sarà disponibile nei negozi tra qualche giorno, l’8 novembre (nel frattempo lo si può ascoltare in streaming), è per me anche migliore di questo del 2009. Personalmente non ho dubbi: Toselli è una delle figure più interessanti nel panorama musicale del nostro Paese e vanno fatti sicuramente i complimenti al suo insegnante di chitarra, il quale, avendo fiutato l’abilità del ragazzino prodigio, alla prima lezione gli fece provare a suonare fiducioso “Ain’t Talkin’ ‘bout Love” dei Van Halen, una cosuccia da niente…Ma si sa che se sproni qualcuno valido da subito a fare tanto i risultati arrivano prima e sono più consistenti. A prova di ciò per i gourmet consiglio di ascoltare in rete una versione live energica di “Tainted Love”, pezzo composto da Ed Cobb dei Four Preps, inciso per la prima volta nel ‘64 dalla cantante Gloria Jones, e reso ancor più celebre nell’81 dai Soft Cell, la cui cover è davvero ottima: non sarà Marc Almond, ma Toselli ha una voce molto accattivante. Un grande (piccolo solo di statura) leader, insomma, che ribadisce sempre il suo monito alle nuove generazioni, a cui in radio quotidianamente si rivolge, da giovane qual è: rompere le regole. Perché ribellarsi è giusto, ma pacificamente attraverso la musica, attraverso il punk. E viene naturale, ascoltando i suoi dischi, riandare con la mente al primario itinerario del punk con i grandissimi Ramones (coloro che lo hanno inventato), i quali hanno ridato tono al rock in generale e una scrollata al sistema. Dei Ramones gli Andead sono grandi fans, come pure degli irresistibili Social Distortion e dei Misfits, che forse più di tutti hanno influenzato le loro creazioni. Se, dunque, vi piace il punk, o comunque gli artisti che fanno musica di qualità e con il cervello collegato al cuore (si può dire “with passionate heart” for passionate hearts), il sound degli Andead fa decisamente per voi. Il punk c’è ancora, sebbene si profetizzasse che i Clash con “London Calling” invece del rock, come erano intenzionati a fare, avrebbero ucciso il punk, aprendo al rhytm’n’blues, al reggae, al soul e al rock’n’roll anni ’50. Il punk è vivo, è stato rianimato (per fortuna c’è sempre qualcuno che di decennio in decennio lo fa rinvenire. Magnificamente lo hanno fatto gli Offspring negli anni ’90), e nel periodo storico che stiamo vivendo ne abbiamo di certo ancora tutti un grande bisogno, anche quando non è affatto politicamente impegnato.
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