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Il Simenon che non ti aspetti. Tagliente, spiazzante, crudele. L'ambientazione è quanto di più lontano da quelle a cui l'autore belga ci ha abituati: uno sperduto isolotto delle Galapagos, tutto rocce e sole cocente. I protagonisti, uno sparuto gruppetto di outsider, delineano ritratti di varia umanità molto arguti. Lettura piacevole.
Il libro è narrato con mano felice dal grande scrittore, lo stile è spesso austero ed asciutto, ma riesce ad evocare benissimo le atmosfere torride e primigenie dell’ambientazione, inoltre con pochi particolari perfetti ogni personaggio è descritto in modo mirabile. Prima del finale del romanzo, Simenon ci descrive un tramonto con un lirismo che emoziona; l’epilogo della storia è narrato con un cambio di prospettiva e chiude in modo conciso ed elegante la narrazione. La vicenda, tratta da fatti realmente accaduti, è la risposta a tutti quelli che pensano che basta ritirasi in un luogo sperduto o selvaggio per trovare la felicità assoluta, in realtà non è così, soprattutto se si pensa che la Natura si piega ai nostri desideri, essa sa essere inesorabile con chi non la tiene nella giusta considerazione. Anche perché, come appare nel romanzo, togliendo dalla visuale della vita tutti i fronzoli della società bisogna per forza guardare diritti dentro di noi e fare i conti con quel che vi si trova. La Natura esige rispetto, sia per quanto riguarda l’ambiente e il sapervisi adeguare, sia perchè non ammette bugie, nemmeno quelle raccontate a sé stessi.
Grande prova di Simenon che si cimenta con un'ambientazione esotica poco usuale per lui. Eppure riesce da grande maestro qual è, a ricreare la magia, l' incanto, il terrore e la desolazione della vita di una piccola comunità su di un'isola delle Galapagos. Raccontare la trama del libro non ha molta importanza, piuttosto consiglio a tutti di immergersi nell' intricato patchwork di emozioni, passioni, paure, sogni e speranze che percorrono l' opera senza mai perdere di tensione. La vita è tensione, sembra volerci dire Simenon; dominata dalle passioni, stravolta dalle braci dell' amore, dalla voracità latente dell' istinto sessuale, che sconvolge la vita di tutti gli abitanti dell' isola. Una frase mi ha colpito in particolare: "Meglio cadere fra gli artigli di una tigre che risvegliare i sogni di una donna ardente" Chapeau! Gianluca Guidomei sidner@libero.it
Recensioni
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(scheda pubblicata per l'edizione del 1989)
scheda di Bertini, M., L'Indice 1990, n. 1
Lo sfondo di questo Simenon minore non potrebbe essere più antitetico rispetto agli umidi notturni autunnali del "Testamento Donadieu" o alle nebbie che avvolgono alcune tra le più memorabili inchieste di Maigret: siamo a Floreana, una delle GaIàpagos, tra pesci multicolori, lagune rosee di corallo e tramonti di fiamma. La bellezza insidiosa dell'isola, da tempo disabitata, attira in un primo momento uno scienziato tedesco, naturista e vegetariano, che tenta con una docile allieva di tradurre in pratica i propri ideali di vita; a questi primi coloni si aggiunge poi un'altra famiglia, ugualmente tedesca. La situazione si complica e si fa drammatica quando sbarca a Floreana una sedicente contessa, decisa a costruirvi un grande albergo; è un'avventuriera prepotente e crudele, che trascina al suo seguito due amanti totalmente soggiogati e suscita inevitabilmente intorno a sé turbamento e violenza. La sua presenza fa affiorare in qualche modo, tra i precedenti abitanti dell'isola, conflitti e tensioni che l'ideologia del casto e austero scienziato tendeva a mascherare: il sogno del ritorno alla natura si rivela carico di ambiguità e ad uno ad uno, in una cornice di radiosa e impassibile bellezza, i protagonisti si avviano verso il fallimento o verso la morte. Non siamo di fronte al miglior Simenon, ma a un testo che ha tutto il fascino di certi vecchi film d'avventura, dall'esotismo sgargiante, fittizio e volutamente elementare.
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