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Gli ingredienti del racconto ci sono tutti: due bambini , una sorella più grande e un fratello più piccolo, sempre attaccato ad un bonsai come Linus alla sua coperta, una zia un po’ bizzarra ( e chi, bambino, non sogna di avere una zia così, una zia che per certi aspetti ricorda, e qui mi rivolgo agli adulti, l’improbabile zia Mame del libro di Dennis Patrick), una minuscola automobile fucsia, la Rosetta, che funziona come una piccola navicella spaziale, l’avventura del viaggio e infine un grandissimo cielo, un libro aperto nel quale i ragazzi leggeranno e impareranno cose meravigliose e suggestive. I bambini, partiti da Milano, dove vivono, devono raggiungere i nonni a Piombino e in questo insolito viaggio, visto che si svolge di notte, sono accompagnati dalla giovane zia “Milla” , la cosiddetta astro-zia , di professione astrofisica, senza dubbio precaria, come i suoi amici, con la testa un po’ tra le nuvole, presa dai suoi racconti ma anche capace di gesti di tenerezza che, tra un sospiro e un altro, pensando ai suoi amori racconta, con parole semplici, un mondo sconosciuto ai più, forse perché lontano, forse perché fuori dalla sfera esperienziale diretta, o forse, più semplicemente perché c’è il timore di guardare un cielo che può mettere a disagio. Chi ha bambini piccoli, di solito quando deve affrontare un viaggio lo fa di notte, così i bambini dormono e tutto fila tranquillo. Qui invece tutto è ribaltato, la zia viaggia di notte perché è in questo momento che il cielo dipana tutta la sua magnificenza e lei vuole che i bambini vedano questo, imparino attraverso le emozioni che vivono, e bellissimo è il momento in cui c’è la fermata sul passo della Cisa per assorbire tutto l’universo notturno, per vedere “tutto il cielo del mondo. Grandissimo, sconfinato, immenso”. Avere la possibilità di osservare il cielo di notte è un’esperienza unica e i bambini hanno verso questo universo un grandissimo senso di curiosità e di stupore. L’anno scorso ho vissuto questa esperienza con i bambini della mia classe, una quarta: una sera siamo andati all’osservatorio di Punta Falcone e lì hanno guardato il cielo con e senza telescopio e in silenzio hanno ascoltato le spiegazioni. È stato un momento magico, che poi ha anche dato i suoi frutti! Stefano Sandrelli conosce i bambini e li ama, e in questo libro ha compiuto un’ operazione straordinaria: ha usato parole semplici per raccontare cose difficilissime; sicuramente possiede quella leggerezza, quella sensibilità tipica della profondità, della maturità, poiché, come diceva anche Cesare Pavese, “solo quando si è leggeri si può essere veramente profondi e veri”. (Credo, per questo, che i libri per bambini contengano sempre molte più verità rispetto a quelli degli adulti, perché con i bambini non si può barare!) Sono perciò convinta che leggendo il libro, i bambini capiranno con facilità i segreti di questo mondo e ne rimarranno attratti grazie al linguaggio semplice e diretto (addirittura sono riuscita pure io a capire cosa sono i buchi neri mentre per altri concetti devo approfondire…) Le continue domande dei bambini, spesso ingenue ma concrete, le loro complicità, i loro battibecchi, il loro stupore, ma anche la consapevolezza che la conoscenza dell’universo non è completa , creano nel lettore un desiderio di saperne di più, di esplorare, un senso di curiosità da soddisfare e questo è un aspetto molto suggestivo del racconto, un racconto destinato ai bambini ma che io suggerirei anche agli adulti. Però consiglierei ai genitori di essere molto cauti perché, se i vostri bambini leggeranno questo libro, vorranno sicuramente vivere questa esperienza notturna, magari facendo il percorso a ritroso Piombino-Milano ma con l’inevitabile sosta sulla Cisa! È un libro di didattica? Rispondo sì, intendendo però la didattica in una accezione più ampia, non solo come passaggio di informazioni docente-discente : qui le nozioni, i concetti, prima di arrivare alla mente, passano dalla pelle e dal cuore e ciò che si impara attraverso questo vissuto emozionale, non lo si dimentica più. Tutti i momenti che ricordiamo, anche noi adulti, sono legati a un’emozione provata! Questo viaggio termina alle prime luci dell’alba in piazza Bovio, dopo una sosta sulla spiaggia della Sterpaia e un salto a Baratti: bastano questi pochi accenni per capire il forte legame che lo scrittore ha con la sua città d origine. All’arrivo i protagonisti non saranno più gli stessi, come succede alla fine di qualsiasi viaggio, perché avranno vissuto emozioni straordinarie e appreso nuove conoscenze e il loro bagaglio sarà senz’altro più “pesante” rispetto alla partenza. Nella pagina finale e sul retro della copertina Stefano Sandrelli ringrazia i lettori di averlo accompagnato in questo viaggio, ma io ringrazio lui di averci portato con sé su questo libro-astronave, in questa insolita esplorazione, dalla quale anche io sono tornata senza dubbio arricchita.
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