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Ho visto questo film da tiepida spettatrice dei film di Nolan, pur trovando il regista tra i più talentuosi del panorama cinematografico contemporaneo. Riconosco che questo sia un film piuttosto riuscito, per la caratura degli attori, perché è un remake di ottimo livello e per la pregnanza del tema. Un agente integerrimo che commette un errore di cui può facilmente occultare le prove....ma questo non basta per placare la coscienza di un delitto impunito. Dramma etico, riflessioni esistenziali sull'esistenza, deriva nichilista con uno spiraglio di luce sul finale. Ingredienti tipici del cinema di Nolan per un film a mio parere piuttosto riuscito
Questo film l'ho visto e rivisto e a me piace molto. L'ambientazione insolita ( l'Alaska, senza che il sole tramonti mai), la qualità degli attori ( Pacino straordinario nella sua resa del poliziotto corrotto e pieno di rimorsi, un eccellente Robin Williams, credo l'unica volta nella parte del CATTIVO) e la trama assolutamente non scontata, ne fanno un prodotto gradevole e, appunto, da veder sempre con piacere.
(In collaborazione con Davide Schiavoni, Orietta Anibaldi e Fabio Lanari) Avvalendosi di Clooney e Soderbergh come produttori nonché d’un plot già edito, i fratelli Nolan sfornano il meno peggiore dei loro lavori. Sorvolando sui difetti della trama poliziesca, della recitazione di Williams e del solito stroncafamiglie assassino di bimbi, per una volta il duo consanguineo regista e sceneggiatore evita le encefalitiche scempiaggini che ne caratterizzano la filmografia e (o)sa affrontare tematiche squisitamente esistenzialiste. Già dalla locandina s’intuisce la portata dell’opera: preda e predatore sono colti in chiaroscuro mentre su di loro campeggia, avvolta nella bruma, la figura d’un bersaglio umano sotto fuoco amico/nemico. È però la scena madre che imprime a “Insomnia” il massimo della significatività: il detective Dormer (“nomen omen”?), sempre più oppresso e logorato dalla consapevolezza postmoderna della triplice indecidibilità estetica, etica e teoretica, cerca d’allontanarla, esorcizzarla, scacciarla dalla psiche con l’oscuramento della sua stanza d’albergo, correlata all’ambientazione in Alaska durante lo spossante semestre di sole senza tramonto. Quando ormai gl'è diventato intollerabile anche un solo spiraglio di luce e di falso, luciferino illuminismo, al protagonista non resta che provare a spegnere qualunque fonte d’abbaglio pur di sprofondare nelle tenebre dell’annichilimento coscienziale. Ma ogni suo tentativo è destinato a fallire. Ciò che il personaggio interpretato da Pacino non può evitare non è solo un semplice senso di colpa o la problematica mezzi-fini (“alla Dürenmatt”, cf. Mereghetti), bensì la percezione per lui progressivamente nettissima e insostenibile di quanto tutto, “in primis” il senso di giustizia, sia più che mai indeterminabile, privo di certezza, affogato nel dubbio (alluso forse dal modo in cui viene ucciso Williams). Così decide di concludere la sua vana ricerca d’un qualche Principio saldo, sicuro, inconcusso uscendo allo scoperto, fronteggiando il proprio tormento e morendo ammazzato (come in precedenza il fidato collega). Mauro Lanari
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