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Ho letto tutti i romanzi di questa autrice e posso dire che Isola di neve è approdato a parimerito con Il rumore dei tuoi passi, nella top 5 dei miei libri preferiti. È raro che io mi emozioni leggendo una storia, ma questo è uno dei pochi casi in cui mi è accaduto. La narrazione del romanzo procede in due direzioni: la storia al giorno d'oggi, con Manuel ed Edith (ambientata nel 2004) e il passato del 1952 con Neve e Andreas (la parte che più mi ha catturato). Il racconto, anche se a volte procede lentamente, non è mai noioso, ma è ricco di dettagli e piccolezze che mi hanno fatto amare la storia. Anche il più insignificante dei personaggi ha una sua logica, e solamente nelle ultime 30 pagine tutto il mistero di questa storia verrà a galla. Non nego che mi sono commossa durante la lettura dei capitoli 69 e seguenti. Ero talmente immersa nella lettura che mi sembrava di vivere quelle emozioni e quei momenti sulla mia pelle. Che dire? Cinque stelle non bastano. Consiglio questo romanzo a tutti. Merita di essere letto almeno una volta nella vita. Detto questo, aspetto con ansia la prossima uscita di questa autrice.
Ho letto tutti i libri della D’Urbano e credo che questo sia il suo capolavoro. Trascinante, emozionante e capace di coinvolgerti come pochi libri sanno, ormai, fare. Parola dopo parola ti sembra di provare i sentimenti e gli stati d’animo che i personaggi ( in particolare Neve) provano. Bravissima Valentina!
Quest'autrice non finisce mai di sorprendermi. Anche questa volta ha saputo scrivere un piccolo capolavoro. Consigliatissimo
Recensioni
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Niente periferie, stavolta. Niente spaccati metropolitani, la specialità dell’autrice, ma la natura incontaminata di un’isola tirrenica (l’immaginaria Novembre) negli anni Cinquanta, e poi oltre, con un salto temporale che porta la scena a mezzo secolo dopo. Due storie in cui amore, musica e ossessioni s’intrecciano e in cui la prolifica Valentina D’Urbano mostra di muoversi con disinvoltura. Isola di neve (512 pagine, 19,90 euro) è l’ultima creatura della romana D’Urbano, che non sfigura al cospetto delle sue più felici, anzi dimostra che può percorrere altre strade rispetto a certi schemi consolidati.
Due coppie sono protagoniste del romanzo. Ai primi degli anni Cinquanta Neve e Andreas. Neve – bionda, diversa da tutti – è una ragazza affascinante e incompresa, che fatica in mare come gli uomini, pur di contribuire al sostentamento della sua famiglia numerosa. Andreas, reduce dai bombardamenti di Dresda, è un violinista tedesco rinchiuso nel carcere dell’isolotto di Santa Brigida, “gemello” di Novembre. Nel 2004 Manuel che ha lasciato per Roma, per ritrovare le origini nell’isola dei nonni Livia e Libero, e sfuggire a certi demoni (l’alcol), ed Edith, altra musicista, carica di piercing, che vuol mettersi sulle tracce del mistero di Andreas von Berger, giovane detenuto decenni prima a Santa Brigida, a caccia di una sua partitura e di uno strumento prezioso che gli sarebbe appartenuto. Errori da pagare, dolori con cui fare i conti, il passato di ognuno non farà sconti. Con qualche atmosfera gotica che, nella produzione di Valentina D’Urbano, va rintracciata in precedenza nel romanzo Acquanera.
L’intreccio di presente e passato, il mistero da svelare, la figura di Neve, splendida e selvaggia, vittima del padre manesco, e poi amante segreta del prigioniero colto e sensibile, sono le pietanze più saporite del menu di Valentina D’Urbano, che mostra di scrivere con grande naturalezza, con la sua prosa senza orpelli, con un’orchestrazione abile delle pagine e dei salti temporali, con una sapiente immedesimazione in personaggi che oscillano fra infelicità e imperfezione e sono resi nelle loro sfumature più recondite, nei loro contrasti più accesi. Come per altri suoi romanzi, D’Urbano sa come trascinare via con sé chi legge e, stavolta, complici le verità a lungo taciute e le storie antiche di cui il romanzo è colmo, lo mette anche di fronte a un gran finale, in cui convergono i destini di Neve, Andreas, Edith e Manuel. A loro modo, memorabili e romantici, come gli scorci insulari inesistenti, che non si possono rintracciare in nessuna mappa, eppure vivono e rivivono.
Recensione di Arturo Bollino
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